Corrado Alvaro

 

 

 

Il ritratto di Corrado Alvaro (1895 - 1956): scrittore, giornalista e poeta. Un intellettuale la cui forte sensibilità civile, etica e culturale gli ha consentito, già negli anni Trenta, di avvertire chiaramente e di denunciare, attraverso gli scritti letterari, giornalistici e i numerosi saggi, il male che si stava diffondendo in Europa. 

A lui il III Municipio di Roma ha dedicato una strada nel quartiere Talenti.

 

 

 

 

Corrado Alvaro, il più importante scrittore calabrese e uno dei maggiori del Novecento italiano, nasce il 15 aprile del 1895 a San Luca (in provincia di Reggio Calabria), un piccolo paese sul versante jonico dell'Aspromonte.

Il padre, maestro elementare, è fondatore di una scuola serale per contadini e pastori analfabeti; la madre proviene da una famiglia di piccoli proprietari. Corrado a San Luca trascorre un'infanzia felice, fortemente influenzato dal padre, che gli dà la prima istruzione e gli fa conoscere profondamente la natura, gli uomini e la tradizione della sua terra.

Terminate le scuole elementari, è mandato a proseguire gli studi nel prestigioso collegio di Mondragone, a Frascati. Durante gli studi superiori si dedica con grande passione alla letteratura, approfondendo soprattutto le opere degli scrittori allora più noti e ammirati, Carducci, Pascoli e D'Annunzio, e compone lui stesso molti racconti e poesie.

Nel 1914 pubblica le sue prime poesie su "Il nuovo birichino calabrese".

Nel gennaio del 1915 è chiamato alle armi. Ferito alle braccia nella zona di San Michele del Carso, sarà decorato con la medaglia d'argento.

Nel primo dopoguerra collabora al "Resto del Carlino" di Bologna, pubblicandovi i primi racconti; poi è assunto al "Corriere della Sera", a Milano.

Nel 1922 è chiamato come redattore al "Mondo" di Giovanni Amendola. Dopo il delitto Matteotti - 10 giugno 1924 - è tra i cinquanta firmatari dell' “Unione nazionale delle forze democratiche” guidata da Amendola.

A partire dall'estate del '24, sulla rivista umoristica "Il becco giallo", che non risparmia critiche al regime, tiene con lo pseudonimo V.E. Leno la rubrica "Sfottò".

Su "La Stampa" del 14 gennaio 1927 pubblica le pagine iniziali di "Gente in Aspromonte". È oggetto di attacchi da parte dei giornalisti fascisti, tuttavia declina l'invito fattogli da amici francesi di recarsi a Parigi.

Alla fine del '28 parte per Berlino e segue attentamente la vita culturale tedesca. Rientrato definitivamente a Roma continua a collaborare con "La Stampa" e pubblica le raccolte di racconti "Gente in Aspromonte", "La signora dell'isola" e il romanzo "Vent'anni".

Fino alla caduta del fascismo Alvaro si mantiene comunque lontano dagli ambienti del potere, riuscendo a continuare, con relativa tranquillità, la sua opera narrativa e saggistica.

Nel gennaio del 1941 torna per l'ultima volta a San Luca per i funerali del padre. Tornerà invece più volte a Caraffa del Bianco (Reggio Calabria) a far visita alla madre e al fratello don Massimo, parroco del paese.

Nel secondo dopoguerra esce "L'età breve", primo romanzo del ciclo "Memorie del mondo sommerso".

Vive e lavora tra Roma, nell'appartamento di Piazza di Spagna, e Vallerano, in provincia di Viterbo, dove ha una grande casa immersa nella campagna.

La sua attività di pubblicista e scrittore continua incessante fino alla morte, avvenuta a Roma l'11 giugno del 1956. Lascia alcuni romanzi incompiuti e vari altri inediti.

La Regione Calabria ha recentemente acquistato dei manoscritti di Alvaro conservati a Roma e li ha donati alla Fondazione Corrado Alvaro, che ha sede a San Luca (RC). Presso la Biblioteca Pietro De Nava di Reggio Calabria, in sua memoria è stata istituita la Sala Corrado Alvaro, che contiene gli arredi, i tappeti, i quadri e i libri dello studio dello scrittore, donati dalla moglie Laura e dal figlio Massimo.