25 aprile 1945 

 

 

La lotta per la libertà

 

 

 

 

 

Il 25 aprile del 1945 segna la fine della guerra in Italia e l’inizio di una nuova storia nazionale.

Le forze della Resistenza, dopo due anni di lotta contro l’esercito nazista e i fascisti della repubblica di Salò, vincono.

La loro azione libera intere regioni, facilita l’avanzata delle truppe alleate e del ricostituito esercito italiano lungo la valle padana, salva porti e impianti industriali.

Grandi e piccoli centri insorgono uno dopo l’altro ma il momento decisivo è l’insurrezione delle grandi città del nord, Genova, Milano, Venezia, dove gli uomini armati delle montagne si congiungono ai gruppi che già operano per le vie e per le piazze.

La vittoria è l’atto finale della Resistenza iniziata all’indomani dell’8 settembre 1943 ed è costata un largo tributo di sangue.

“L’Italia - ha scritto Churchill - deve la propria libertà ai suoi caduti partigiani, perché solo combattendo si conquista la libertà”.

Il 25 aprile il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia assume i poteri di governo, mentre Mussolini in uniforme tedesca cerca di fuggire oltre confine.

Il fascismo finisce a Milano dove è nato.

Ma l’azione armata, la lotta partigiana non sono stati uno scatto di rivolta, un capovolgimento improvviso, una sommossa imprevedibile.

Quel 25 aprile ha segnato il culmine degli anni oscuri e difficili dell'opposizione politica e morale al fascismo: la fine vittoriosa di una la lotta per la libertà cominciata il 28 ottobre del 1922[1], all’epoca della cosiddetta “marcia su Roma”.



[1] Il 28 ottobre 1922 con la “marcia su Roma” comincia la lunga avventura del fascismo in Italia. Un anno prima Benito Mussolini ha trasformato in partito il movimento da lui fondato nel 1919, e può già vantare 200mila inscritti, 35 deputati e una sua milizia armata: le camice nere. Squadre di giovani partono da tutte le città con ogni mezzo al grido di “o Roma o morte” e occupano i punti strategici dell’Italia settentrionale e centrale. A guidarli i “quadrumviri”, De Bono, De Vecchi, Bianchi e Balbo, che a Roma vengono accolti da Mussolini. Vittorio Emanuele III si rifiuta di proclamare lo stato d’assedio e assegna a Mussolini l’incarico di formare il governo. Da un lato il nuovo capo dell’esecutivo si fa notare per il suo attivismo legislativo (riforma della scuola di Giovanni Gentile e riforma elettorale), e dall’altro pone le basi per la dittatura (costituisce la Milizia e il Gran Consiglio). Nel ‘24 le elezioni assegnano ai fascisti la maggioranza assoluta: il socialista Giacomo Matteotti denuncia irregolarità nel voto ma viene assassinato - 10 giugno 1924 -. Da lì al 1926 Mussolini scioglie i partiti, sopprime la libertà di stampa, esautora il Parlamento, ripristina la pena di morte: è l’inizio della dittatura.