Anna Magnani

  

 

Un ritratto di Anna Magnani (1908-1973), attrice simbolo del dopoguerra e del neorealismo italiano. 

 

 

Anna magnani è stata un'attrice - e una donna - divisa a metà: la sua maschera tragica, i suoi occhi foschi da Medusa, il suo carattere cupo e prepotente l'hanno naturalmente candidata al ruolo di madre mediterranea. Ma la sua ironia sferzante, il suo umorismo petroliniano, la sua risata anarchica ne hanno fatto una perfetta “comédienne.

Ha costruito la propria carriera fra questi due poli espressivi, che soltanto pochi grandissimi registi hanno saputo coniugare al loro meglio: Luchino Visconti, che ci ha regalato una meravigliosa Magnani in “Bellissimae Roberto Rossellini, che l'ha fatta diventare la massima icona del neorealismo con quella disperata corsa dietro il camion tedesco di “Roma città aperta”.

Anna Magnani non è stata un'attrice facile. Ed è stata una donna difficilissima, con improvvise durezze, grandi diffidenze, inaspettati abbandoni.

A chi le chiedeva notizie della sua infanzia, offriva ogni volta una versione diversa.

Era nata a Roma, il 7 marzo del 1908, da Marina Magnani e da un padre che è rimasto ignoto. Ma teneva a precisare di non aver visto i natali ad Alessandria d'Egitto, come invece era scritto sull'Enciclopedia dello Spettacolo

Cresciuta dalla nonna e dalle zie, Anna Magnani dichiarò di aver voluto fare l'attrice “per essere amata”. E infatti la troviamo, neppure ventenne, fra gli allievi dell'Accademia d'Arte Drammatica fondata da Silvio d'Amico, compagna di corso di un giovanotto dall'aria aguzza di nome Paolo Stoppa. Al saggio del primo anno tutti e due ottennero una scrittura: Anna entrava in compagnia con Dario Niccodemi, Paolo con Wanda Capodaglio.

In quella sera del 1927, da allievi, divennero teatranti. Nel ‘32 la Magnani è già una diva del teatro leggero: prima attrice nella compagnia di Michele Gandusio. Ma il suo viso irregolare sembra poco adatto al cinema, che in quell'epoca chiede protagoniste dai visi luminosi e gentili. Nunzio Malasomma la chiamò a interpretare una piccola parte nel ‘34 in un dramma strappalacrime intitolato “La cieca di Sorrento.

Anche Goffredo Alessandrini, celebrato e bravissimo cineasta che Anna conosce e sposa nel 1935, non le offre che un'apparizione in “CavalleriaSecondo lui Anna è “negata”. Il teatro, invece, la acclama nelle riviste di Michele Galdieri, in cui recita anche Totò.

È Vittorio De Sica a ricondurla sul set, offrendole un ruolo secondario ma succoso in “Teresa Venerdì”. Finalmente Anna può offrire alla macchina da presa il suo estro caricaturale, la sua bellezza anomala, la sua presenza.

Il cinema sta cambiando, sta abbandonando le commedie magiare per guardare con occhio più attento la realtà quotidiana: e così la Magnani, che continua a furoreggiare in teatro, precisa sullo schermo il personaggio della romana arguta, indomabile, brusca ma di buon cuore, in due film modesti ma gradevolissimi: “Campo de' Fiori e “L'ultima carrozzellainterpretati accanto a Aldo Fabrizi. Gli stessi due attori che Rossellini sceglierà per “Roma città aperta

A quel film Anna arriva provata da molte traversie private: il suo matrimonio con Alessandrini è finito, la sua storia con il giovane Massimo Serato ha avuto vita breve, la nascita del loro figlio Luca, accettato con gioia, le ha impedito di interpretare “Ossessione di Luchino Visconti. Accolto con freddezza in Italia, “Roma città aperta vince il festival di Cannes del 1946 e consacra Rossellini, cui Anna nel frattempo si è legata, regista di fama internazionale.

I due lavoreranno ancora insieme nel dittico “Amore”, ma la loro vicenda sentimentale finirà presto, perché Rossellini si innamora, ricambiato, di Ingrid Bergman.

Dopo qualche commedia leggera, e un memorabile ritratto femminile ne “L'onorevole Angelina di Luigi Zampa, la Magnani riesce finalmente a lavorare con Luchino Visconti: “Bellissimadel 1951, le offre l'occasione di un'interpretazione “gigantesca”.

L'anno seguente è con Jean Renoir, ne “La Carrozza d'oro”. Intanto il legame fra Anna e il cinema italiano si sfilaccia. Nel ‘54, convinta da Tenessee Williams, l'attrice accetta di lavorare in America,  e con il film di Daniel Mann “La rosa tatuata vince l'Oscar.

Ma neppure questo successo internazionale riannoda i fili di un rapporto ormai logoro: “Nella città l'infernodi Renato Castellani, “Risate di gioia”, di Mario Monicelli, persino “Mamma Romadi Pier Paolo Pasolini (del 1962), sono film irrisolti, in cui la Magnani, pur bravissima, è sempre più a disagio. Il cinema le offrirà solo delusioni, a parte due piccolissime memorabili partecipazioni: un episodio in “Made in Italy di Nanni Loy, e l'apparizione in “Roma”, di Federico Fellini, in cui Anna chiude il portone di Palazzo Altieri, dove abita, negandosi alla macchina da presa.

Quasi una sorta di premonizione, di addio. È il ‘72. L'anno seguente la Magnani muore - il 26 settembre del 1973 - la stessa sera in cui la Rai decide di trasmettere l'ultimo dei quattro film che aveva interpretato per la televisione, “Correva l'anno di grazia 1870scritto e diretto da Alfredo Giannetti.