Antonio Segni

 

 

  

 

Un ritratto di Antonio Segni (1891-1972), il quarto Presidente della Repubblica Italiana.

A lui il III Municipio di Roma ha dedicato un tratto del "Viadotto dei Presidenti".

 

 

 

Antonio Segni nasce a Sassari il 2 febbraio del 1891, da una famiglia sarda di origine ligure, ascritta al patriziato genovese dal 1752. Compie gli studi liceali presso il liceo Azuni di Sassari, e si laurea in Giurisprudenza nel 1913. Intraprende quindi gli studi post-universitari sotto la guida di Giuseppe Chiovenda, il più illustre dei processualisti italiani dell’epoca. Diventa professore nel 1920 e insegna a Perugia, Pavia, Cagliari, prima di diventare titolare della cattedra di Diritto processuale civile a Sassari, dove rimane fino agli anni del dopoguerra. I suoi studi sono tuttora considerati un punto fermo di alcuni istituti del nuovo Diritto processuale.
Inizia la sua attività politica iscrivendosi al Partito Popolare di don Luigi Sturzo nel 1921 e candidandosi alle elezioni politiche del 1924. Dopo l’avvento del fascismo abbandona l’attività politica fino agli anni della ricostruzione post-bellica.

Nel 1944 è tra i fondatori della Democrazia Cristiana in Sardegna. Nel 1946 viene eletto, sempre nel collegio sardo, deputato alla Assemblea Costituente.

Inizia subito la sua attività di governo, prima come sottosegretario all’Agricoltura nei Governi Bonomi, Parri e De Gasperi, e poi come titolare dello stesso Ministero nei vari successivi governi guidati da Alcide De Gasperi. È di questo periodo una delle iniziative più importanti della sua attività politica: la riforma agraria. Unico caso di riforma agraria portata a termine nel Novecento, si tratta di un provvedimento di enorme rilievo che attua, nel sud e nel centro Italia, una ampia redistribuzione di terre dal latifondo a una nuova classe di piccoli proprietari.

Nel 1955 diventa Presidente del Consiglio alla guida di un governo centrista. È uno dei governi più lunghi della prima Repubblica (luglio 1955 - maggio 1957) e annovera alcune importanti realizzazioni, come la nascita della Corte Costituzionale e la legge che disciplina lo sfruttamento degli idrocarburi. L’atto più importante del Governo è, nel marzo del 1957, la firma dei Trattati di Roma con la nascita del Mercato Comune e dell’Euratom: la data di nascita della Costituzione europea. È di nuovo Presidente del Consiglio nel febbraio del 1959, a capo di un governo monocolore Dc appoggiato da liberali e monarchici. Nel febbraio del 1960, dopo il ritiro del Partito Liberale dalla coalizione, Segni si dimette non volendo accettare come determinante l’appoggio del Movimento Sociale Italiano.

Il 6 maggio 1962, dopo una lunga e contrastata battaglia politica, viene eletto Presidente della Repubblica. Siamo alla vigilia della cosiddetta apertura a sinistra, e la sua candidatura ha il convinto appoggio del segretario della Dc Aldo Moro, regista dell’operazione di avvicinamento ai socialisti e convinto che la Presidenza della Repubblica affidata a un moderato come Segni rappresenti una grande funzione di riequilibrio.

Negli anni della sua Presidenza Segni entra però spesso in forte contrasto con una parte della nuova maggioranza. Preoccupato dal peggioramento della situazione economica spinge fortemente per una attenta politica di bilancio. Dopo le elezioni del 1963, l’accordo tra i partiti di centro sinistra non riesce a ricomporsi e Segni affida l’incarico per il nuovo governo al Presidente della Camera Giovanni Leone.

Nel dicembre 1963 Aldo Moro forma invece, per la prima volta, un governo con la partecipazione diretta del Psi e con Nenni vice Presidente del Consiglio. Si tratta di una esperienza molto travagliata, che nel luglio dello stesso anno porta alla crisi per gravi contrasti tra i due maggiori partiti sul tema della scuola. La crisi che ne segue, terminata nel luglio con un nuovo governo Moro, è segnata da gravi tensioni politiche.

Turbato dalla situazione di ordine pubblico, anche nella eventualità di un possibile scioglimento anticipato delle Camere, Segni interpella al Quirinale anche il Comandante dei Carabinieri Giovanni De Lorenzo. Alcuni anni dopo questo evento ha fornito ai giornalisti dell’Espresso l’argomento per accusare il Presidente della Repubblica di avere minacciato o addirittura preparato un intervento armato dei Carabinieri. Il processo che ne è scaturito ha condannato però i giornalisti per diffamazione, e la relazione di maggioranza della Commissione di inchiesta che è stata costituita ha escluso qualunque atto illegittimo di Antonio Segni.

Subito dopo la crisi del luglio 1964 l’attività politica di Segni si interrompe drammaticamente per un grave ictus cerebrale da cui viene colpito il 7 agosto 1964, durante un colloquio con il presidente del Consiglio Moro e il Ministro degli esteri.

Si dimette il 6 dicembre 1964. Gravemente ammalato vive gli ultimi anni in completo ritiro. Muore a Roma il 1 dicembre del 1972.

Viadotto Antonio Segni
Viadotto Antonio Segni