40 anni senza Bob Marley

 

Eroe nazionale in Giamaica e mito assoluto della musica, Bob Marley (1945-1981) è stato il re incontrastato del reggae, che ha trasformato in linguaggio universale per veicolare in tutto il mondo le grandi sfide contro la povertà, l’emarginazione e il razzismo. 

 

 

Robert Nesta Marley nasce il 6 febbraio del 1945 sulle colline di St. Ann, dalla giamaicana Cedella Booker e da Norval Marley, Capitano del Reggimento Britannico delle Indie Occidentali.

Adolescente si trasferisce con la madre nella periferia di Kingston, nel ghetto di Trench Town, luogo che, per il resto della sua vita, accompagnò il suo nome e la sua musica diventando il simbolo della Giamaica in tutto il mondo.

È proprio a Trench Town che Bob conosce Neville O’Riley Livingston (conosciuto come Bunny) e Peter Tosh con i quali condivide la forte passione per la musica e con i quali fonda il primo nucleo dei Wailing Wailers all’inizio degli anni ‘60.

Fare musica per i ragazzi del ghetto, oltre ad essere un modo per guadagnare qualche soldo, rappresenta la possibilità di esprimere la cultura di un popolo orgoglioso che ha appena ottenuto l’indipendenza dagli inglesi, e che vuole mostrare la propria forza e la propria bellezza al mondo: queste motivazioni sono fortemente radicate in Bob Marley e la musica diviene per lui una missione.

Il primo singolo dei Wailing Wailers, ‘Simmer down’, realizzato alla fine del 1963 con la casa discografica Studio One di Clement-Sir Coxsone-Dodd, riscuote molto successo in Giamaica vendendo 75.000 copie e arrivando alla prima posizione della classifica nel gennaio del 1964.

I Wailing Wailers iniziano a registrare regolarmente per lo Studio One diventando uno dei gruppi di punta dello ska ed il gruppo più amato dai Rude Boys, i ragazzi ribelli dei bassifondi di Kingston, per i quali rappresentano un esempio di militanza contro un sistema ingiusto. In quel periodo Bob Marley entra in contatto con i principi della religione Rasta, che sta acquistando un rilievo culturale sempre maggiore in Giamaica; questa fede accresce il suo orgoglio, le sue motivazioni diventando un forte argomento per la sua musica.

Nel frattempo la musica giamaicana sta rapidamente cambiando: dai ritmi ska e bluebeat, che qui hanno dominato per oltre mezzo decennio, passando dal più lento e sensuale rocksteady, per arrivare alla sincopata musica reggae che interpreta l’inquietudine religiosa della tradizione afro.

Fondamentale per il percorso artistico dei Wailers è la collaborazione con Lee Perry, figura leggendaria dei sound system giamaicani negli anni Sessanta. Il risultato è la miglior musica che la band abbia mai fatto fino ad ora: alcune tracce come ‘Soul rebel’, ‘Duppy conqueror’, ‘400 Years’ e ‘Small Axe’ contribuiscono a definire la direzione della nascente musica reggae.

Agli inizi degli anni ’70 la band pubblica, con la casa discografica inglese indipendente Island Records di Chris Blackwell, l’album “Catch A Fire”: questo è uno dei primi album di reggae a godere di una vasta distribuzione e una pesante promozione internazionale. L’album, pur non essendo subito una hit, ha un enorme impatto sui mass media a tal punto che i Wailers tengono un tour in Inghilterra, altra novità assoluta per un gruppo regge. È l’inizio del successo internazionale.

Nello stesso anno esce “Burning” che contiene brani come 'I Shot The Sheriff' e 'Get Up Stand Up', ultimo lavoro che vede insieme i tre fondatori dei Wailers: Tosh e Livingston lasciano il gruppo per proseguire la carriera solista e la band viene rinominata Bob Marley and The Wailers.

Con il crescente successo internazionale, cresce anche l’importanza politica di Bob Marley in Giamaica: la sua ferma posizione rastafariana trova una forte risonanza nei giovani del ghetto e si scontra seriamente con le istituzioni per i messaggi anti-conservatori presenti nella sua musica.

Gli anni compresi tra il 1974 e il 1980 rappresentano un periodo creativo straordinario per l’artista che lo porta alla produzione di numerosi e indimenticabili album tra cui: “Natty dread” (1974), con la canzone 'No Woman No Cry', primo vero successo su scala mondiale, “Rastaman Vibration” (1976), “Exodus” (1977), e “Survival” (1979) e “Uprising” (1980), che include la hit 'Could you be love'.

“Uprising”, l’ultimo album registrato da Bob Marley, in un certo senso una sintesi dei valori artistici, religiosi e umani del musicista, contiene la straordinaria ‘Redemption Song’, un assolo di voce e chitarra, il cui testo è una sentita interpretazione di un discorso lasciato al popolo africano da Hailè Selassiè prima di morire.

Bob Marley si spegne, stroncato da un tumore, l’11 maggio del 1981, a Miami, all’età di 36 anni.