Ennio Flaiano

 

Ennio Flaiano (1910-1972): ripercorriamone insieme l’avventura umana ed artistica.

 

 

Ennio Flaiano nasce il 5 marzo del 1910 a Pescara, nel centro storico della città, precisamente in Corso Manthonè, a pochi metri dalla casa natale di Gabriele D’Annunzio.

Scriverà di se stesso: “Sono nato a Pescara in un 1910 così lontano e pulito che mi sembra di un altro mondo. Mio padre commerciante, io l’ultimo dei sette figli della sua seconda moglie, Francesca, una donna angelica  che le vicende familiari mi fecero conoscere troppo poco e tardi. A cinque anni fui mandato nelle  Marche, a Camerino, presso una famiglia amica, che si sarebbe presa cura di me. Vi restai due anni. A sette anni sapevo fare un telegramma. Ho fatto poi anni di pensionato e di collegio in altre città, Fermo, Senigallia,  persino Brescia nel 1922. Il 27 ottobre dello stesso anno partivo per Roma, collegiale, in un treno pieno di fascisti che “facevano la marcia”. Io avevo dodici anni ed ero socialista. A Roma divenni un pessimo studente e arrivai a stento alla  facoltà di Architettura, senza terminarla, preso dal servizio militare e dalle guerre alle quali fui  chiamato a partecipare, senza colpo ferire”.

Ennio nel 1930 abbandona dunque l’Università ed esordisce nel giornalismo nella rivista “Oggi” di  Mario Pannunzio. Nel 1935 viene fatto partire con il grado di sottotenente per la Campagna d’Etiopia che lui  definisce: “una guerra che mi ha portato ventiquattrenne a ripudiare il fascismo e a desiderare che la  cosa finisse brutalmente nella sconfitta”.

Tornato a Roma alla fine degli anni Trenta riprende la collaborazione con il nuovo “Oggi” con rubriche  su cinema e teatro, ma anche sulla Storia dell’architettura e dell’arte, seguendo quel modello di  eclettismo culturale tipico degli intellettuali romani.

Nel 1940 sposa Rosetta Rota dalla quale nel 1942  avrà una figlia affetta da encefalopatia. 

Si va quindi intensificando l’attività nel campo cinematografico: dal 1943 al 1970 il suo nome compare tra gli  sceneggiatori di un gran numero di film, in collaborazione con Federico Fellini e Michelangelo Antonioni.

Alla fine del 1946 si trasferisce a Milano per lavorare nella redazione  di “Omnibus” con Achille Campanile. Una sera di dicembre dello  stesso anno incontra Leo Longanesi, che gli commissiona un romanzo. Nasce così “Tempo di uccidere”, che nel luglio 1947 vince il Premio  Strega. Il tema di questo suo unico romanzo si rifà all’esperienza vissuta come  sottotenente  dell’esercito italiano, in Etiopia.

Nel 1949 viene nominato da Pannunzio redattore capo del nuovo  settimanale “Il Mondo”, dove lavora tra gli altri con Vitaliano Brancati e Sandro De Feo. Nel 1950 inizia la lunga collaborazione con Fellini che lo vedrà  partecipare alle sceneggiature di “Lo sceicco bianco”, “I Vitelloni”  (nomination per l’Oscar), “La strada” , “Le notti di Cabiria”, “La dolce vita”, (nastro d’argento per miglior soggetto originale e nomination per  l’Oscar). Intanto continua a  scrivere  per giornali e riviste quali “Corriere della Sera”, “Panorama”, “L’Espresso”, “L’Europeo”. Viaggia anche molto, pur non amando viaggiare: Parigi, l’Oriente  (Beirut, Bombay, Bankok, Hong Kong), New York, dove abita per lunghi periodi, e poi Israele, Londra, Canada.

Nel 1970 vince il Premio Campione con “Il gioco e il massacro”, e nel 1972 con “Ombre bianche” conquista il “Festival dei Due Mondi” (entrambi volumi di racconti).

Il 20 novembre del 1972, colpito da infarto, si spegne a Roma, all'età di 62 anni. 

Alla sua memoria, nel 1973, è stato dedicato il Premio Flaiano. La manifestazione si svolge ogni anno nella sua città natale