100 anni fa, Ernesto Nathan 

 

"Il sindaco di Roma" 

 

 

 

Quinto di dodici fratelli, Ernesto Nathan nacque a Londra il 5 ottobre del 1845 da Mayer Moses Nathan, agente di cambio, e da Sara Levi, amica, seguace e finanziatrice di Giuseppe Mazzini dai tempi del suo esilio londinese. Da questo matrimonio del 1836 scaturì una estesa e complicata genealogia fra i Rosselli ed i Nathan, che vide, nel tempo, Ernesto sposare (nel 1867) la lontana cugina Virginia Mieli, figlia di Annina, sorella di Sabatino e Pellegrino Rosselli; mentre la sorella Enrichetta andrà in sposa a Sabatino, dal cui figlio Giuseppe Emanuele nasceranno poi Carlo e Nello Rosselli.

Mortogli il padre, appena quattordicenne si trasferì con la madre in Italia, di cui prenderà la cittadinanza solo nel 1888, soggiornando in diverse città (Pisa, Firenze, Milano, Sassari, Genova e di nuovo Londra). Già membro della redazione del giornale mazziniano “L’Unità italiana” (1862), durante il suo soggiorno milanese, alla fine del 1870, dopo la presa di Roma, giunse nella capitale su invito di Mazzini per dirigervi la parte amministrativa de “La Roma del popolo” prima e de “L’Emancipazione” poi. Nel 1872 finanziò e diede vita con la madre alla scuola “Mazzini”, che dal 1882 al 1898 sarà poi diretta dalla sorella Adah. Ed è sempre grazie al loro impegno e al loro aiuto finanziario se anche “Il Dovere” potrà uscire nel 1877 e se prenderà il via, dall’anno dopo, la commissione preposta alla pubblicazione degli scritti di Mazzini, presieduta dal fratello Giuseppe.

Nel frattempo, nell’anno dell’ascesa della Sinistra al governo (1876), partecipò a Genova al XIV Congresso delle Soi ancora su posizioni intransigentiste. Agli inizi degli anni ’80 evolse però le sue concezioni, partecipando all’attività del Fascio della democrazia e adoperandosi in favore di una collaborazione con i radicali anche sul piano elettorale. Nei confronti della questione sociale, invece, le posizioni espresse al XVI Congresso (1886) delle Soi non andarono al di là della consueta perorazione della cooperazione.

Massone dal 1887, venne eletto gran maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1896 al 1904 e dal 1917 al 1919. Nel 1888 fu tra i fondatori della “Dante Alighieri” e, fautore dell’irredentismo, l’anno dopo entrò nel consiglio comunale capitolino, dove per pochi mesi divenne anche assessore all’economato e ai beni culturali. Dallo stesso anno e fino al 1894 fu anche consigliere provinciale di Pesaro, città natale della madre. Membro del Circolo radicale romano dal 1889, nel 1890 e nel 1892 tentò, senza riuscirvi, di farsi eleggere al parlamento nei collegi di Pesaro-Urbino e di Pesaro Fossombrone, quale candidato del Partito radicale.

Approdato ormai definitivamente a posizioni di radicalismo legalitario, tornò ad essere rieletto in Campidoglio dal 1895 al 1902 e divenne sindaco di Roma dal 1907 al 1913, alla testa di un blocco eterogeneo di forze democratiche promosse da Il Messaggero.

Alla concentrazione laico democratica da lui personificata e alla sua amministrazione si devono iniziative nel campo dell’assistenza sanitaria, dell’edilizia e della scuola pubblica, nonché nella municipalizzazione dei servizi pubblici.

Nel discorso di insediamento in Campidoglio, il 2 dicembre 1907, affermò che l'obiettivo principale della sua amministrazione doveva essere: “Il progresso civile di Roma, capitale della Terza Italia”, secondo il progetto di Mazzini.

La questione della pubblica istruzione era da Nathan considerata prioritaria: “Il bilancio e il suo pareggio sono la legittima preoccupazione di ogni prudente amministratore; ma fino a quando vi sia un solo scolaro il quale non possa ricevere istruzione ed educazione civile, le considerazioni del bilancio finanziario devono cedere il passo alle imperative esigenze del bilancio morale e intellettuale”.

Nel 1911, cinquantenario dell'Unità d'Italia, si inaugurarono il Vittoriano, il Palazzo di Giustizia, la passeggiata archeologica e lo stadio Flaminio: tuttavia il bilancio e il suo pareggio erano per Nathan un impegno non meno impellente. “Non c'è  trippa per gatti!”, esclamò, con una frase divenuta proverbiale, quando scoprì che fra le voci di spesa del Comune vi era l'acquisto di frattaglie destinate ai gatti, ai quali si attribuiva la difesa degli archivi dai topi.

Già favorevole nel 1912 all’impresa libica, all’età di settant’anni si arruolò volontario durante la Prima guerra mondiale e restò al fronte per un anno come tenente.

Morì a Roma, colpito da una forma di arteriosclerosi e da insulti cardiaci, il 9 aprile del 1921, 100 anni fa.