Ezio Tarantelli: la forza delle idee

 

 

Ezio Tarantelli (1941-1985): docente di Economia Politica all’Università “La Sapienza”di Roma, uno dei principali artefici della riforma strutturale del mercato del lavoro. Un uomo che ha messo il suo lavoro e la sua posizione al servizio della società.     

 

 

 

Ezio Tarantelli fu assassinato il 27 marzo del 1985 da un commando delle Brigate rosse. Fu ucciso per le sue idee, per la sua interpretazione pratica della realtà economica e sociale di un’Italia che - anche - all’epoca versava in una situazione di profonda crisi sulle politiche salariali, e che era afflitta da un tasso di disoccupazione che sfiorava il 21%.

Il Prof. Tarantelli aveva dato vita a una riforma del lavoro che aveva come obiettivo la lotta alla disoccupazione - da lui considerata il più grande dei mali che affliggeva la classe lavoratrice - e l’intento di creare condizioni migliori per le classi più svantaggiate.

Tarantelli aveva presagito la crescita incontrollata del debito pubblico fin dagli anni Settanta; parlava del lavoro part-time già nel 1985 come un ottimo approccio nei rapporti tra datore di lavoro e lavoratore e aveva anticipato altri fenomeni non solo sulle analisi, ma anche nelle soluzioni.

Egli era fortemente convinto che l’attenzione dovesse concentrarsi sui salari: perché solo lavorando sul reddito e sulla distribuzione si poteva pensare di stabilizzare l’economia. Occorreva inoltre una politica dei redditi che fosse il prodotto di un’analisi accurata di tutti i fattori che influiscono sulla loro distribuzione. È per questo che aveva messo in discussione la scala mobile, creata agli albori della storia della Repubblica. È quindi bene descrivere brevemente questa rivoluzione copernicana sulla predeterminazione della scala mobile.

La sua scoperta andava oltre l’obiettivo di combattere l’inflazione. Quello che Tarantelli proponeva era di vincolare la scala mobile all’inflazione futura e non a quella passata: in questo modo il meccanismo di controllo sui salari sarebbe potuto diventare lo strumento di pianificazione economica nelle mani dei lavoratori, potendo coniugare il potere d’acquisto degli stessi e la crescita del Paese.

In sostanza, ad ogni trimestre i sindacati avrebbero annunciato l’aumento salariale previsto facendo scattare la scala mobile su un indice calcolato sul futuro. Gli imprenditori avrebbero dovuto adattare i prezzi a questa previsione contenendo gli aumenti degli stessi e rispettare il contenimento dell’aumento salariale. Se alla fine del trimestre i prezzi fossero aumentati di più di quelli previsti le imprese avrebbero dovuto pagare ai lavoratori un conguaglio salariale per impedire che il meccanismo danneggiasse il potere d’acquisto dei lavoratori, funzionando come deterrente per obbligare le imprese a rispettare l’accordo. Il tutto era fondato su una concertazione tra sindacati e governo, attuando così uno scambio politico con i lavoratori.

Ma nel 1984, con il cosiddetto decreto di San Valentino, questa proposta venne imposta dal governo al sindacato per decreto, anziché essere il frutto di una concertazione di azione comune tra governo, confindustria e sindacato. Questi si opposero gli uni contro gli altri, generando così un elevato livello di conflittualità sociale. Il risultato non era certo il sogno di Tarantelli, che si era battuto per un accordo politico e un dialogo libero tra tutte le parti in causa.

Anche sul piano europeo egli aveva posto l’attenzione. Sosteneva infatti che solo la predeterminazione concertata dell’economia europea avrebbe potuto rilanciare l’Europa, in cui all’unificazione della moneta doveva affiancarsi una politica europea dei redditi comune gettando le basi per un’Europa unita, facendola diventare una forza geopolitica immensa in grado di rompere l’egemonia del dollaro, costituire la terza forza stabilizzante nei rapporti militari Est-Ovest e fondare nuove basi per la lotta nei rapporti Nord-Sud.

Pertanto a distanza di oltre trent’anni dalla sua tragica scomparsa i suoi studi restano attualissimi, e tra essi in particolar modo quello sulla necessità di una politica dei redditi nazionale ed europea, ancora di grande centralità e importanza