Francesco De Gregori

 

 

 

“Il Principe” 

 

 

 

 

 

È da sempre definito “Il Principe”, per indole naturale, per la finezza con cui scandaglia i sentimenti dell’animo umano, per la maestria e lo stile con cui riesce a trasfondere in versi e  musica immagini, sensazioni, domande, narrazioni.

Gli universi sfaccettati di Francesco De Gregori si snodano da decenni davanti ai nostri occhi, si raccontano attraverso la storia patetica e poetica della fuga verso il cielo della “Donna Cannone”, prendono forma attraverso lo sguardo di “Alice”, ci mostrano l’orizzonte a bordo di grandi transatlantici destinati ai fondali marini, svelano i loro trucchi misteriosi, celebrano l’amore con piccoli poemi, fragili e perfetti come un fiore, o dichiarazioni coraggiose al proprio Paese.

Sono davvero in pochi ad aver intessuto  una trama così lunga e  preziosa. Con lui Ivano Fossati, Lucio Dalla, Paolo Conte,  Fabrizio De André e un manipolo di altri fortunati e toccati dalla grazia degli dei.

La lunga storia di De Gregori inizia negli anni ’70 a Roma - dove è nato il 4 aprile del 1951 - al Folkstudio, un piccolo locale a Trastevere che dava voce  a chi aveva del talento. Artisti che poi troveranno spazio nel mainstream come Rino Gaetano, Stefano Rosso, Antonello Venditti, Mimmo Locasciulli.

Qualche anno prima in quello stesso localino, su quello stesso palco, si era esibito un giovane che sarà sua musa ispiratrice: Bob Dylan, che aveva appena 22 anni ed era pressoché sconosciuto in Italia.

Le influenze e le canzoni di Dylan avranno sempre un ruolo importante nella vita artistica di De Gregori. Sarà citato, ripreso, tradotto. Anche l’equipaggiamento strumentale con il quale Francesco si propone al pubblico ricorda moltissimo quello del cantautore americano: chitarra acustica, armonica a bocca fissata sulle spalle, un’orchestra davvero minimale, ma per chi ha molto da dire può bastare.

Sulle tavole del Folkstudio passa anche Giovanna Marini, che insieme a Caterina Bueno sarà la chiave di volta per conoscere la musica popolare e folk italiana, che suggerirà a De Gregori  idee e nuove storie da raccontare.

Ed è con Caterina Bueno, etnomusicologa, cantante e ricercatrice, che inizia la sua carriera nel 1971, in veste di chitarrista live.

Il primo disco,”Theorius Campus”, se lo divide con un altro cantautore romano che come lui muoveva i primi passi, Antonello Venditti. L’album viene pubblicato nel 1972 dalla IT, un’etichetta allora molto attiva e attenta a tutto quello che “suonava” interessante a Roma. L’esordio con una major avviene l’anno seguente. La RCA pubblica Alice non lo sa.

De Gregori leggeva Joyce, era affascinato dal flusso di coscienza dell’Ulisse, dal surrealismo di Magritte, di Dalì, e dalla possibilità di dare un senso compiuto, poetico, ad immagini apparentemente slegate tra loro.

“Francesco De Gregori”, il secondo album, viene pubblicato nel 1974. Ancora la scelta di arrangiamenti ridotti all’osso e nomi eccellenti in  studio di registrazione: Edoardo De Angelis, Renzo Zenobi, Tony Esposito.

De Gregori diventa un simbolo politico,viene accusato, analizzato, portato in trionfo o ad esempio. Critici musicali, scrittori, usano la penna per spiegare o condannare: il pubblico si limita a salutare un ingegno che commuove e racconta come può e come sa.

E Francesco fiorisce, prova ne è il bellissimo album “Rimmel” del 1975. Una ventata benefica, nuova linfa intelligente, emozionante.

L’aria è forse più solare, aperta, gli arrangiamenti più compositi, ricchi. È l’album della consacrazione. In questa condizione di grande successo il cantautore romano torna l’anno seguente a proporre il nuovo album “Bufalo Bill”, che privilegia  uno stile musicale  più asciutto, sobrio, come a voler rifuggire dal tumulto e dal clamore suscitato dall’album precedente ed abbassare i toni trionfalistici propri della scena pop, che non gli appartengono.

È del 1978 il bellissimo album “Generale”, il cui singolo parla, forse non per caso, del ritorno a casa, nella propria patria, nella propria pelle. Questo bell’album prelude ad un momento di ancora maggiore gratificazione, che è il momento del tour con Lucio Dalla, che lo porta negli stadi, gremitissimi, in tutta Italia, e del conseguente album live “Banana Republic”.

Dopo questa intensa avventura live, nel 1979 esce l’album “Viva l’Italia”. Alla chiusura di un decennio oscuro e problematico per il Paese, è il momento di riaprire la porta alla speranza, di far entrare nuova luce, di guardarsi intorno con occhi asciutti e ben aperti, di ricominciare.

Il disco che segue, “Titanic”, del 1982, contiene canzoni indimenticabili, alcune dedicate proprio alle vicende drammatiche del transatlantico  naufragato nel 1912, tra  cui  la  celeberrima Titanic, dove  lo sguardo dell’autore si sofferma su “i perdenti meravigliosi”, quelli che viaggiano  in terza classe e sognano un futuro migliore.

Segue tre anni dopo il ricercato “Scacchi e Tarocchi”, concepito con la collaborazione di Ivano Fossati, che ospita “La storia”, bellissima canzone che regala emozioni molto forti, preziosa per la sua valenza umana ancor più che politica, degna di essere eletta a nostro inno nazionale.

“Terra di nessuno” del 1987 e “Miramare 19/4/89” pubblicato nel 1989 non riscuotono la stessa attenzione dei precedenti, ma De Gregori sa che il successo non è mai lineare, si alza e si abbassa come la marea, e continua a scrivere di cose “che non sa”, come in “Canzoni d’amore”, album ispirato, che contiene il singolo minimale e pensoso “Bellamore”.

Al lavoro in studio il musicista affianca un’intensa attività di concerti e dischi live, come “Il bandito e il campione”, registrato durante i live dell’estate 1993, che propone il singolo omonimo, capolavoro scritto da Luigi Grechi, suo fratello, canzone di sapore country  (“con  la chitarra che suona male - ha dichiarato il cantautore - ma che funziona benissimo così”) che racconta una storia di amicizia e di vita, di attese tradimenti e fatica, e “Bootleg”.

Dopo quattro anni di silenzio interrotto solo dalla pubblicazione di due album live, nel 1996 De Gregori torna al pubblico con “Prendere e lasciare”. Il disco ha qualche venatura rock, gli arrangiamenti sono  moderni, i temi, come detto, controversi, dolorosi, e stimoleranno non poche polemiche.

“Prendere e lasciare”  parla di perdita e di smarrimento,  di mondi popolati di persone che vincono e più spesso perdono, trasformandosi di volta in volta da vittime a carnefici, sopravvivendo a indifferenza, sacrificio, dolore, senso di impenetrabile solitudine.

Seguono poi “Amore nel pomeriggio” e “Fischio a vapore”, che segnano un ritorno alle radici più dylaniane, acustiche, più propriamente folk; in particolare “Fischio a vapore” è realizzato con la ferma volontà di far conoscere i canti antichi tradizionali e popolari delle mondine e degli emigrati e di riscoprire origini e radici culturali.

Nel 2005 “Pezzi” mostra un De Gregori dallo sguardo lucido e gli occhi asciutti, più disincantato e amaro. Dal disco è tratto il singolo  “Vai in Africa, Celestino”, brano molto amato dal cantautore che, come da titolo, mostra in veloce rassegna morsi di vita, in un apparentemente caotico susseguirsi, come in un enorme puzzle assordante e con un senso segreto.

Anche “Calypsos” e “Per brevità chiamato artista” seguono questa impronta di piccole epifanie momentanee, appuntate su foglietti volanti in un qualunque momento della giornata e poi raccontate su basi piuttosto raccolte e minimali.

E trenta anni dopo “Banana Republic” il cantautore si riunisce all’amico di sempre, Lucio Dalla. Il tempo li trova più vecchi e con la stessa voglia di suonare e giocare. Nasce “Work in progress”, un tour che durerà un anno e che li vedrà ancora una volta sul palco, a scambiarsi battute e canzoni, immersi in una atmosfera di comoda partecipazione e di calorosa complicità mai perduta.

Dal live viene ancora una volta tratto il doppio cd live che viene pubblicato alla fine del 2010.

Due anni dopo viene pubblicato “Sulla strada” titolo senz’altro ispirato da Kerouac, in cui De Gregori mostra ancora nuova linfa e nuove espressioni, tra liriche bellissime e ritmi latini, tra arrangiamenti più scarni e collaborazioni di pregio (Nicola Piovani, Malika Ayane).

Nel novembre 2014 esce “Vivavoce”, un doppio album in cui l’autore reinterpreta se stesso, attraverso riletture e nuovi slanci. 

 

Francesco De Gregori è tornato protagonista con un nuovo doppio album live dal titolo “Sotto il vulcano”, uscito il 3 febbraio 2017 - registrato il 27 agosto 2016 durante il concerto al Teatro Antico di Taormina nel corso del suo “Amore Furto tour - anticipato dall'uscita di "4 marzo 1943", la celebre canzone di Lucio Dalla. Nel doppio album compaiono alcuni dei più grandi successi del grande cantautore romano, da “La leva calcistica del ’68”, “Alice”, “Un angioletto come te” nel primo cd, e “Generale”, “Rimmel” e “La donna cannone” nel secondo