Ambiente

 

Il Naufragio della nave Concordia: cronaca di un disastro.  

 

Venerdì 13 gennaio 2012, ore 21.30: luci, musica e il clima di festa di una crociera iniziata da poco. È la suggestiva immagine che la Costa Concordia consegna al suo passaggio davanti all'Isola del Giglio, perla naturalistica dell'arcipelago toscano. Poi, il disastro. 

 

In pochi attimi uno schianto prelude a una notte di terrore e morte, che si conclude con la mastodontica nave sommersa per metà dal mare. Inizia così la storia di un assurdo naufragio che ferisce al cuore la secolare tradizione di un «paese di poeti, santi e navigatori».

 

Data al 9 luglio 2006 la prima crociera della Costa Concordia, gioiello tecnologico (290 m di lunghezza per 114 mila tonnellate di stazza) e vanto della compagnia italo americana Costa Crociere, battezzata dalla famosa modella Eva Herzigova nel porto di Civitavecchia e il cui nome rimanda all'unità e alla pace fra le nazioni europee (per questo i suoi tredici ponti sono intitolati ad altrettanti Stati del Vecchio continente).

 

Dallo stesso porto laziale, alle 19 di venerdì 13 gennaio, parte la crociera low cost "Il profumo degli agrumi" con direzione Savona. Per i 3.216 passeggeri (989 di nazionalità italiana) cominciano sette giorni di relax e divertimento, toccando splendide località del Mediterraneo tra Italia, Francia e Spagna. A guidarli in questa vacanza c'è un equipaggio di 1.013 elementi agli ordini del comandante Francesco Schettino, 52enne originario della penisola sorrentina.

 

Un'ora dopo la partenza quest'ultimo lascia il comando al primo ufficiale Ciro Ambrosio, con l'ordine di avvertirlo a sei miglia dall'Isola del Giglio. La navigazione procede regolare, mentre giù, nelle sale ristorante, si consuma la cena. Tra i commensali c'è anche lo stesso Schettino in compagnia di Domnica Cermotan, 25enne moldava ed ex ballerina della Costa.

 

Alle 21.30 la nave si approssima a fronteggiare la costa del Giglio e il comandante risale in plancia per realizzare un qualcosa che ha in mente dall'inizio del viaggio: la manovra dell'inchino. Si tratta di una prassi consolidata (anche se ufficialmente non riconosciuta) tra i capitani delle navi crociera, che prevede il passaggio sottocosta per salutare con luci e segnali acustici gli abitanti del posto. In questo caso, la dedica è personale ed è rivolta a Mario Palomo, comandante in pensione che Schettino chiama al telefono proprio in quel frangente.

 

Nemmeno un quarto d'ora dopo, la Concordia impatta violentemente con la fiancata sinistra contro uno scoglio che sventra la pancia della nave, aprendo una ferita lunga 75 m e larga 2. L'urto provoca un boato allarmando i passeggeri. La paura si trasforma in panico quando pochi istanti dopo la motonave compie una sorta di testa coda e si incaglia a mezzo miglio dalla costa. Nei locali è un inferno di tavoli e mobili che si rovesciano, con la gente, ignara dell'accaduto, che scappa in tutte le direzioni.

 

L'equipaggio predica la calma parlando di guasto tecnico ma quando il primo ufficiale Giovanni Iaccarino scende in sala macchine e trova l'area completamente invasa dall'acqua, intuisce che non resta più tanto tempo per agire. Alle 22, mentre la nave cala nel buio più totale, partono le prime chiamate dei passeggeri verso i parenti che a loro volta allertano Carabinieri e Capitaneria di Livorno. Inizia una fase convulsa di telefonate tra quest'ultima e Schettino, che solo alle 22.26 ammette l'esistenza di «una via d’acqua», assicurando che non ci sono morti e feriti da segnalare.

 

La capitaneria non si fida e fa partire i soccorsi. A questo punto scatta una sorta di ammutinamento tra gli ufficiali, che affidano il comando a Roberto Bosio. È lui a dare il segnale di evacuazione immediata poco prima delle 23, al cui suono la gente si fa prendere dal panico accalcandosi sulle scialuppe tra urla e pianti. Attimi fatali per due turisti francesi e un marinaio che precipitano in mare, morendo annegati e per assideramento. Sono le prime tre vittime di questa assurda tragedia.

 

Intorno alla mezzanotte, con la nave riversa in acqua sul fianco destro, testimoni notano Schettino su uno scoglio vicino alla Concordia, mentre le operazioni di evacuazione sono ancora in corso. Il sospetto che abbia abbandonato la nave per mettersi in salvo, mette in allarme il comandante della capitaneria di porto di Livorno Gregorio De Falco, che lo raggiunge telefonicamente. Tra i due intercorrono tre chiamate dai toni concitati che, diffuse successivamente dai media, alimentano i sospetti sulla condotta poco ortodossa di Schettino.

 

Alle 4.46 si concludono le operazioni di salvataggio dei passeggeri, ma all'appello mancano 27 persone oltre alle tre vittime già accertate; i loro corpi vengono recuperati nei mesi successivi portando il bilancio complessivo a 32 morti. All'indomani del naufragio parte la caccia ai responsabili. In cima all'elenco c'è Schettino, per il quale scatta l'arresto con le accuse di omicidio plurimo colposo, naufragio e abbandono di nave. Al vaglio degli inquirenti c'è la mancata segnalazione del mayday (richiesta di soccorso) e il passaggio troppo ravvicinato alla costa del Giglio.

 

Statistiche alla mano, la Concordia risulta la nave passeggeri di maggior tonnellaggio mai naufragata. Ciò spiega le difficili operazioni di recupero del relitto, iniziate il 29 maggio 2013 e giunte a una svolta nel settembre dello stesso anno con il completamento della rotazione. 

 

Il 23 luglio 2014, dopo due anni e mezzo, il relitto torna a navigare. La Costa Concordia lascia l’Isola del Giglio con destinazione Genova per lo smantellamento, mentre sirene e applausi salutano i primi movimenti in mare della nave. Il relitto viene trainato da due rimorchiatori oceanici agganciati a prua, con altri due rimorchiatori portuali di supporto a poppa.

Il 27 luglio 2014 la Costa Concordia conclude il suo ultimo viaggio.