Il sisma dell’Irpinia 

 

 

 

23 novembre 1980: sono da poco passate le 19,30 quando una scossa di magnitudo 6.9 sconvolge l'area dell'Appennino Meridionale tra la Campania e la Basilicata. Novanta interminabili secondi che radono al suolo interi paesi dell'Irpinia, portando morte e distruzione per un'area di 17mila chilometri quadrati, compresa tra le province di Avellino, Potenza e Salerno.  

 

 

Domenica 23 novembre 1980, all’improvviso, alle 19.35, in Irpinia, da Avellino a Potenza e negli antichi paesi arrampicati sulle montagne la terra si scuote e si apre, una due tre volte, travolgendo tutto, case, scuole, chiese, ospedali, strade. Uno scenario apocalittico che resta ignoto alle prime notizie dell'agenzie di stampa rilanciate dai Telegiornali, dove si parla genericamente di una scossa di terremoto in Campania, evidenziando la difficoltà di avere notizie più dettagliate, per via dei collegamenti interrotti con le zone colpite.

Solo nella notte si inizia a prendere coscienza della tragedia che si sta materializzando e del caos che regna nella macchina dei soccorsi. Come se non bastasse, il sistema dei trasporti è in tilt per le reazioni di panico della popolazione riversatasi nelle principali arterie stradali. Fuori uso anche la circolazione ferroviaria: l'Italia è di fatto tagliata in due.

L'evento sismico è di portata straordinaria al punto che è stato avvertito in tutta la Penisola, Lombardia e isole escluse. Secondo l'istituto di sismologia di Belgrado, dall'epicentro - individuato tra i Comuni di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania - si è sprigionata una potenza pari a 35 milioni di tonnellate di esplosivo.

Il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, si reca di persona sul luogo del sisma, per rendersi conto delle conseguenze prodotte: dal suo elicottero osserva un mare di macerie che si estende per chilometri, lì dove prima sorgevano case, scuole, chiese ed edifici pubblici. Un paesaggio spettrale rotto dalle urla di madri che chiamano i figli e dalle comunicazioni tra i soccorritori alla disperata ricerca di sopravvissuti.

L'escalation del numero di vittime viene vissuta attraverso i titoli del quotidiano Il Mattino: da “Un minuto di terrore. I morti sono centinaia” al disperato “Fate presto”. Il bilancio finale consegna un bollettino di guerra: 2.914 morti, 280.000 sfollati e 8.848 feriti.

La comunità che paga il prezzo di sangue più alto è quella di Sant'Angelo dei Lombardi: 482 vittime e il 90% del tessuto urbano raso al suolo. Un paese sparito d'un colpo, come tanti altri.

L'Italia intera farà sentire il proprio sostegno: centinaia di volontari accorrono da ogni parte gettando le basi della futura Protezione Civile, che da questo evento e dal sisma del Friuli (1976) inizia a prendere forma, sotto la guida del commissario Giuseppe Zamberletti.

Dalla primavera del 1981 partirà la ricostruzione: un altro amaro capitolo per la storia di queste terre e di tutta la nazione. Uno scempio denunciato dallo stesso Presidente Pertini in uno storico messaggio alla televisione.

Alla fine la ricostruzione dell’Irpinia è costata circa 60mila miliardi di vecchie lire. L’ultima tranche, di 157.000 euro, è stata stanziata dal governo Prodi con la finanziaria del 2007.

Stime del 2013 della Regione Campania, tuttavia, calcolano in 4 miliardi di euro la cifra ancora necessaria al completamento dei lavori