Una veduta aerea della devastazione
Una veduta aerea della devastazione

Il terremoto dell’Aquila

 

 

Alle 3.32 di lunedì 6 aprile 2009 si è aperta una profonda ferita nel cuore geografico dell’Italia e nella memoria collettiva. Una ferita che a distanza di dodici anni dal terribile disastro è ben lungi dal rimarginarsi. 

 

 

Il terremoto dell’Aquila del 2009 consta di una serie di eventi sismici, iniziati nel dicembre 2008, con epicentri nell’intera area della città, della conca aquilana e di parte della provincia dell’Aquila. La scossa principale, verificatasi il 6 aprile del 2009 alle ore 3.32, ha avuto una magnitudo momento (Mw) pari a 6,3, con epicentro alle coordinate geografiche 42° 20’ 51.36” N, 13° 22’ 48.4” E, ovvero nella zona compresa tra le località di Roio Colle, Genzano e Collefracido, interessando in misura variabile buona parte dell’Italia Centrale. Ad evento concluso il bilancio definitivo è stato di 309 vittime, oltre 1500 feriti e oltre 10 miliardi di euro di danni stimati.

La scossa della notte del 6 aprile è stata quindi preceduta da una lunga serie di scosse o sciame sismico.

La sequenza si è aperta con una scossa di lieve entità (magnitudo 1,8) il 14 dicembre 2008 e poi è ripresa con maggiore intensità il 16 gennaio 2009 con scosse inferiori a magnitudo 3.0 per poi protrarsi, con intensità e frequenza lentamente ma continuamente crescente, fino all'evento principale.

Inizialmente, oltre alla zona dell'aquilano, è stata interessata, come epicentro dell'attività, anche la zona di Sulmona (17 e 29 marzo 2009, magnitudo 3,7 e 3,9).

La scossa distruttiva si è verificata il 6 aprile 2009 alle 3.32. L'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha registrato un sisma di magnitudo momento 6,3 Mw. Secondo la scala di magnitudo locale (la c.d. scala Richter, poco adatta a descrivere sismi di questo tipo) il valore registrato dai sismografi è stato di 5,9 Ml risultando così un sisma di moderata intensità rispetto ai valori misurabili da tale scala sismica. In termini di scala Mercalli di misurazione dei danni è stata dell'VIII/IX grado.

Vi è stata una certa confusione sul valore della magnitudo, sia per l'uso di scale di magnitudo diverse, sia per poca chiarezza nella loro presentazione.

Il 4 aprile 2010 l'INGV rettifica la magnitudo locale in 5,9 Ml, valore determinato da "calcoli successivi di maggiore precisione". Alcuni giornali e un telegiornale nazionale hanno riferito che l'INGV avrebbe rivisto, nelle ore seguenti all'evento, le stime della magnitudo Richter. I dubbi che alcuni ancora nutrono sulla reale magnitudo sono in parte dovuti anche al fatto che nella confusione nei primissimi minuti dopo il sisma, in attesa di calcoli precisi, erano stati diffusi dati fantasiosi sulla reale intensità del sisma.

In ogni modo, per un sisma di questa intensità la misura della magnitudo locale ha scarsissimo interesse, al contrario del valore della magnitudo momento (Mw), per la quale non vi è mai stato dubbio sul valore 6.3.

Nelle 48 ore dopo la scossa principale si sono registrate altre 256 scosse o repliche, delle quali più di 150 nel giorno di martedì 7 aprile, di cui 56 oltre la magnitudo 3,0 Ml. Tre eventi di magnitudo superiore a 5,0 sono avvenuti il 6, il 7 e il 9 aprile. Dall'esame dei segnali della stazione INGV aquilana (AQU, ubicata nei sotterranei del Forte spagnolo), sono state conteggiate oltre 10.000 scosse.

Nei giorni successivi alla scossa principale altri intensi focolai sismici si sono sviluppati a sud-est del capoluogo (Valle dell'Aterno, epicentro Ocre: scosse del 7 e dell'8 aprile 2009 con magnitudo tra 3,0 e 5,6 Mw) e poco più a nord (zona del Gran Sasso, epicentro Campotosto: scosse del 6, 7, 8, 9, 10 e 13 aprile 2009 con magnitudo tra 3,1 e 5,4 Mw).

Lo sciame sismico successivo all'evento principale del 6 aprile si è spostato dunque in zone limitrofe a nord-ovest della città e in generale della conca aquilana (Pizzoli, Campotosto e Montereale).

Un altro evento di magnitudo 4,7 Mw (4,5 Ml) è avvenuto alle ore 22.58 del 22 giugno, con epicentro vicino all'abitato di Pizzoli, a 11 km dall'Aquila. Nella stessa giornata, e soprattutto nella mattinata immediatamente successiva, ci sono state anche numerose scosse minori.

Altre scosse rilevanti si sono verificate il 3 luglio (magnitudo 4,1 Ml alle ore 13.03 con epicentro tra L'Aquila e Pizzoli, preceduta da altri due eventi di magnitudo 3,4 Ml alle ore 3.14 e 3,6 Ml alle ore 11.43), il 12 luglio (magnitudo 4,0 Ml alle ore 10.49 con epicentro tra L'Aquila e Roio Poggio) e il 24 settembre (magnitudo 4,1 Ml alle ore 18.14 con epicentro tra L'Aquila e Pizzoli). Le scosse di assestamento si sono prolungate per alcuni anni dall'evento principale, così come repliche di magnitudo 3. Ad esempio, il 30 ottobre 2011 ed il 30 ottobre 2012 si sono registrate due scosse entrambe di magnitudo 3.6 Ml.

Nell'anno che ha seguito l'evento del 6 aprile, l'INGV ha dichiarato di aver registrato circa 18.000 terremoti in tutta l'area della città dell'Aquila.

L'area interessata dall'innesco del sisma è una delle tante aree sismiche dell'Appennino, classificata a livello 2 della scala di riferimento del rischio sismico, con presenza di diverse faglie attive note. Lo studio storico sulla sismologia locale nell'ultimo millennio evidenzia ciclicità sismiche con periodo di circa 300-350 anni, essendo gli ultimi terremoti significativi avvenuti nel Quattrocento e nel Settecento con magnitudo momento fino quasi a 7.

L'evento sismico del 2009 si colloca perfettamente all'interno di tale intensità e ciclicità. Per esso era nota la maggiore probabilità di occorrenza nella zona aquilana da parte della comunità sismologica rispetto ad altre zone dell'Appennino, secondo il metodo scientifico di previsione sismica che è attualmente ritenuto il più concreto, ovvero quello di natura statistico-temporale, sebbene logisticamente non utilizzabile a scopi di protezione civile in quanto temporalmente troppo esteso.

Studi antecedenti tramite microzonazione sismica sulla sismicità del territorio aquilano, nei pressi del capoluogo stesso, avevano inoltre evidenziato la capacità di amplificazione delle onde sismiche, tramite i cosiddetti effetti di sito, fino ad un fattore 10 da parte del sottostante terreno geologico, esponendo quindi il territorio ad un maggiore pericolo sismico. Tali effetti, sul fronte della rilevazione e misurazione, sono comunque tenuti in debita considerazione dalla Scala Mercalli che valuta gli effetti del sisma sul territorio e le opere civili/edili.

Oltre ai danni materiali su edifici pubblici, privati e storico-artistico, si aggiungono danni rilevanti di natura economica all'impianto produttivo aquilano: molti negozi e attività commerciali sono state messe fuori uso con forti ripercussioni occupazionali a breve, medio e lungo termine. Colpite anche le aziende del polo tecnologico elettronico (es. Alenia), con strutture operative inagibili, che hanno migrato parzialmente la loro attività nelle sedi di Roma.

L'Aquila, città universitaria, ha rischiato seriamente l'abbandono di gran parte degli studenti e la perdita di tutti gli introiti economici da essi derivanti. In particolare l'Università degli Studi dell'Aquila, in accordo con il Ministero della Pubblica Istruzione, ha varato successivamente misure contro l'abbandono degli studenti quali il blocco delle imposte universitarie per le immatricolazioni. Nuove strutture provvisorie per studenti, compresi luoghi di intrattenimento, sorgeranno poi in zone della città non particolarmente colpite.

A fronte di tale situazione il Governo ha varato sia un sussidio per l'autonoma sistemazione per chi ha perso la casa, sia un sussidio di disoccupazione per la perdita del lavoro. Come ulteriore contromisura l'evento ha comportato il blocco del pagamento delle imposte da parte dei residenti dell'area colpita, come previsto dal piano di intervento e ricostruzione del Governo, e come accaduto in passato per altri terremoti italiani.

Si tenterà poi di risollevare l'economia locale appoggiandosi il più possibile ad aziende e cooperative locali per la fornitura di materiali e opere utili alla ricostruzione.

 

La burocrazia e la complessità del contesto urbano continuano tuttavia a rallentare la ricostruzione dell’Aquila, ad oggi ridotta a un enorme cantiere a cielo aperto. A ciò si aggiungono le diverse inchieste giudiziarie, una delle quali ha portato nel 2013 alla condanna in primo grado di 7 scienziati, all’epoca dei fatti membri della commissione Grandi Rischi.

L’accusa è di aver fornito false rassicurazioni alla popolazione locale, rispetto allo sciame sismico di intensità crescente registrato cinque giorni prima del terremoto.

La sentenza è stata quasi del tutto ribaltata in appello, nel 2014, con l’assoluzione di sei dei sette imputati, ed in seguito - dopo il ricorso della Procura Generale dell’Aquila contro la sentenza d’assoluzione - confermata definitivamente in Cassazione nel 2015.

La “resurrezione” dei luoghi e il conseguente ritorno alla agognata “normalità” appaiono pertanto ancora molto lontani.