Jessie White Mario

 

 

 

 

Una “testimone” del Risorgimento italiano

 

 

 

 

Jessie White Mario nasce il 9 maggio del 1832 a Gosport, in Inghilterra, in una ricca famiglia borghese. Attratta dalla filosofia, compie brillantemente i suoi studi prima alla scuola di Birmingham e poi alla Sorbona. Viaggia a lungo nell’Europa segnata dal clima del risveglio del 1848. Nell’autunno del 1854 conosce a Nizza Giuseppe Garibaldi, e due anni dopo incontra a Londra Giuseppe Mazzini. Da quel momento si impegna attivamente nella causa risorgimentale italiana. Il suo primo articolo, “Italy for italians”, viene pubblicato nel novembre del 1856 sul Daily News. Arrestata a Genova durante la repressione seguita alla spedizione di Sapri e alla congiura mazziniana del 1857, conosce nella prigione di S. Andrea il giovane patriota veneto Alberto Mario, che sposa in Inghilterra subito dopo la scarcerazione.

Dopo un viaggio a New York, per propagandare la causa italiana, la White Mario rientra in Italia nel 1859. Partecipa come infermiera alle imprese garibaldine, ripara quindi in Svizzera dove viene di nuovo arrestata, ma nel giugno del 1860 raggiunge la Sicilia, subito dopo l’arrivo dei Mille. Segue Garibaldi e si stabilisce a Napoli, iniziando da lì la fase più intensa della sua attività giornalistica, scrivendo prima per il periodico americano The Nation e poi per l’inglese Morning Star. È però l’incontro con l’autorevole meridionalista Pasquale Villari, autore delle celebri “Lettere meridionali”, a proiettarla nella formidabile inchiesta che sarebbe uscita in una serie di articoli sul giornale “Il pungolo”, e che in seguito sarebbe stata rielaborata e raccolta nel volume dal titolo “La miseria in Napoli”. Inchiesta che svolge visitando ogni angolo della città, passando al setaccio la società in tutti i suoi aspetti.

“La miseria in Napoli” è considerata la prima grande inchiesta nella storia del giornalismo italiano, ed ha fatto guadagnare alla sua autrice il pieno riconoscimento del titolo di “pioniere”.

Siamo nel 1876, nel pieno di una stagione in cui il giornalismo, dopo aver svolto un ruolo fondamentale nel Risorgimento, è diventato uno strumento essenziale nel raccontare la prima grande questione nazionale posta all’Italia dopo l’Unità, cioè la “questione meridionale”, che ha il suo epicentro nella decadenza della vecchia capitale borbonica.

La White Mario diventa nello stesso tempo testimone e protagonista diretta del Risorgimento, inventando un metodo di indagine e di scrittura grazie al quale si raccontano e si interpretano grandi problemi sociali e politici incrociando le testimonianze dirette, le statistiche e i risultati di minuziosi sopralluoghi sul campo. Con le sue corrispondenze sulla stampa inglese e americana infatti rende un costante contributo alla conoscenza non solo degli ideali mazziniani, ma anche dei singoli passaggi della rivoluzione nazionale, imponendosi come una di quelle eccezionali figure femminili dell’Ottocento che hanno lasciato una forte impronta nella vita culturale e pubblica.

Il suo è un giornalismo che traduce la politica in indagine verso nuove tematiche sociali: la povertà, la condizione delle donne e dell’infanzia, la centralità dell’istruzione, il sistema carcerario, il lavoro. Un genere che ha lasciato altre testimonianze di rilievo, come quella di Renato Fucini, con “Napoli ad occhio nudo”, e di Matilde Serao, con “Il ventre di Napoli”. Ma il lavoro di Jessie White Mario è considerato il più significativo - insieme ad altre sue inchieste, come quella svolta in Sicilia - poiché nella sua scrittura vi è una duplice carica: da un lato un coinvolgimento intellettuale e politico diretto nella tormentata trasformazione italiana, dall’altro una grande fiducia, maturata sui campi di battaglia del Risorgimento, nella capacità degli italiani stessi di affrontare la loro emancipazione. Oltre “La miseria in Napoli” Jessie White Mario ha lasciato molti saggi, tra cui “I garibaldini in Francia”, e le biografie di alcuni protagonisti del Risorgimento italiano come Mazzini, Garibaldi, Cattaneo e Bertani. Muore a Firenze il 5 marzo del 1906.