La catastrofe di Stava: cronaca di un disastro annunciato.
Il 19 luglio del 1985 i bacini della miniera di Prestavel rompono gli argini scaricando sull’abitato di Stava, piccola frazione del comune di Tesero, nella Val di Fiemme - Valle alla quale il III Municipio di Roma ha dedicato una via -, 180.000 m³ di fango che uccidono 268 persone. Uno dei disastri peggiori che si siano verificati in Italia dopo la frana del Vajont.
Sono trascorsi 36 anni da quel venerdì 19 luglio 1985, quando alle 12. 22'. 55'' l’arginatura del bacino superiore della miniera di Prestavel cede crollando sul bacino inferiore che a sua volta crolla. La massa fangosa composta da sabbia, limi ed acqua scende a valle ad una velocità di quasi 90 chilometri orari e spazza via persone, alberi, abitazioni e tutto quanto incontra fino a raggiungere la confluenza con il torrente Avisio. Lungo il suo percorso la colata di fango provoca la morte di 268 persone, la distruzione completa di 3 alberghi, 53 case d’abitazione e 6 capannoni: 8 ponti sono demoliti e 9 edifici gravemente danneggiati. Uno strato di fango tra i 20 e i 40 centimetri ricopre un’area di 435.000 metri quadri, per una lunghezza di 4,2 chilometri. Dalle discariche fuoriescono circa 180 mila metri cubi di materiale ai quali si aggiungono altri 40-50 mila metri cubi provenienti da processi erosivi, dalla distruzione degli edifici e dallo sradicamento di centinaia di alberi.
Quello del 19 luglio 1985 in Val di Stava rappresenta uno dei più gravi disastri al mondo dovuti al crollo di discariche a servizio di miniere e rimane a tutt’oggi, con 268 morti accertati e danni calcolati per oltre 133 milioni di euro, una delle più gravi catastrofi industriali avvenute in Italia.
Quali le cause?
In oltre 20 anni le discariche non sono mai state sottoposte a serie verifiche di stabilità da parte delle società concessionarie o a controlli da parte degli Uffici pubblici, cui compete “l’obbligo del controllo a garanzia della sicurezza delle lavorazioni minerarie e dei terzi”.
Nel 1974 il Comune di Tesero chiede conferme sulla sicurezza della discarica.
Il Distretto minerario della Provincia Autonoma di Trento incarica della verifica di stabilità la stessa società concessionaria - la Fluormine, appartenente allora ai gruppi Montedison ed Egam - che la effettua nel 1975.
Pur trascurando una serie di indagini indispensabili, la verifica permette
di accertare che la pendenza dell'argine del bacino superiore è "Eccezionale" e la stabilità "Al limite". Nella sua prima relazione il tecnico incaricato della verifica sembra in sostanza
affermare: "Strano che non sia già caduto".
Tuttavia la risposta della Fluormine al Distretto minerario e di questo al Comune è positiva, e porta all'ulteriore accrescimento che avviene con una minor pendenza dell'argine.
La causa del crollo è quindi individuata nella cronica instabilità delle discariche - e in particolare del bacino superiore - che “non hanno mai posseduto coefficienti di sicurezza minimi necessari ad evitare il franamento”.
Infatti la Commissione ministeriale d’inchiesta e i periti nominati dal Tribunale di Trento, dopo il disastro accertano che: "Tutto l'impianto di decantazione costituisce una continua minaccia incombente sulla vallata", e che: "L'impianto è crollato essenzialmente perché progettato, costruito, gestito in modo da non offrire quei margini di sicurezza che la società civile si attende da opere che possono mettere a repentaglio l'esistenza di intere comunità umane. L'argine superiore in particolare è mal fondato, mal drenato, staticamente al limite. Non può che crollare alla minima modifica delle sue precarie condizioni di equilibrio".
Il procedimento penale si è concluso nel 1992, con la condanna di 10 imputati per disastro colposo e omicidio plurimo.