La Liberazione di Bologna
La Liberazione di Bologna

La guerra di liberazione nazionale 1943-1945    

 

Ripercorriamo i momenti salienti della Resistenza italiana. Un moto che ha inizio con l’8 settembre 1943, ovvero con l’armistizio firmato dal governo Badoglio e la conseguente formazione della repubblica neofascista di Salò, e che si conclude il 25 aprile 1945, giorno della Liberazione che segna la fine della guerra in Italia e l’inizio di una nuova storia nazionale.

 

Alle 19,30 dell’ 8 settembre 1943 il maresciallo Pietro Badoglio comunica che l’armistizio con gli eserciti alleati è stato firmato. All’alba del giorno seguente la famiglia reale e Badoglio lasciano Roma diretti a Pescara e poi a Brindisi. Tutti i partiti antifascisti si uniscono allora nel Comitato di Liberazione Nazionale che chiama gli italiani “alla lotta e alla resistenza”: la lunga battaglia dell’antifascismo, cominciata nel 1922, è vinta su piano politico ma non su quello bellico.

Il 10 settembre ’43 a Roma militari e popolo si uniscono nella battaglia di Porta San Paolo. Intanto l’esercito, abbandonato a se stesso e privo di ordini, si sfalda rapidamente. Ma dove è possibile le truppe italiane si oppongono ai tedeschi e la flotta da guerra salpa verso il porto alleato di Malta. A Cefalonia, nelle isole Ionie, l’intera divisione “Acqui” decide di non arrendersi ai tedeschi, che massacrano i suoi 8.400 soldati. Nasce così la resistenza armata che, preparata da venti anni di carcere, di esilio e di oppressione, rappresenta l’ultimo atto dell’opposizione al fascismo, e si salda con l’insurrezione degli altri Paesi europei contro la tirannia.

La Resistenza dunque: un grande movimento politico, ma anche una spontanea insurrezione popolare, che si raccoglie intorno agli antifascisti divenuti comandanti militari. Per quasi due anni, le bande partigiane collegate fra loro, nascoste nelle città o sulle montagne, affrontano le divisioni naziste o la superstite milizia “repubblichina”, mentre nel Sud un nuovo esercito si affianca agli Alleati. L’armata partigiana si dimostra mobilissima, oltre che profondamente legata ai paesi e alle regioni in cui combatte. Ha come meta la vittoria militare, ma anche il riscatto morale ed il rinnovamento sociale; inoltre, accanto alle innumerevoli azioni di lotta, questa armata traccia talvolta nelle “zone liberate” i primi lineamenti di uno Stato democratico.

La Resistenza percorre l’Italia occupata come un grande sussulto dal Sud al Nord, fra battaglie, colpi di mano e salvataggi. Si muove da Napoli, che si libera da sola durante le quattro giornate, all’Appennino tosco-emiliano, dai Castelli romani all’Abruzzo, dalla Liguria al Piemonte, dalla Lombardia al Veneto. È un grande esercito al di qua e al di là dei confini, che paga tuttavia un prezzo di sangue altissimo. È il costo della libertà. Come ha scritto Winston Churchill: “L’Italia deve la propria libertà ai suoi caduti partigiani, perché solo combattendo si conquista la libertà”. L’Italia della Resistenza allinea pertanto le pagine di storia più dolorose e più gloriose insieme. Villaggi e città liberate, dure battaglie in montagna, la strage di Boves e quella di Marzabotto, le fosse Ardeatine e la battaglia di Firenze, la repubblica dell’Ossola e la liberazione delle grandi città industriali al Nord. Per due lunghi inverni quindi la “nuova Italia” si raccoglie nel fronte clandestino e nell’esercito di liberazione combattendo al fianco degli Alleati: fino al 25 aprile 1945, alla Liberazione, alla pace.

 

È la fine di una lotta cominciata molto tempo prima, all’epoca della cosiddetta “marcia su Roma” (28 ottobre 1922), e che ha visto cadere tra gli altri, in una linea storica senza fratture, Giacomo Matteotti e Giovanni Amendola, Piero Gobetti e Antonio Gramsci, Lauro De Bosis e i Rosselli, Duccio Galimberti e Bruno Buozzi, Don Morosini e i fratelli Cervi. Ed è da questa lotta che sono nate la Repubblica (con il referendum del 2 giugno 1946 il 54,3% degli elettori - per la prima volta sono ammesse al voto anche le donne - sceglie la Repubblica decretando la fine della Monarchia) e la Costituzione (che approvata il 22 dicembre 1947 entra in vigore il 1° gennaio 1948), come garanzia di pace, libertà e giustizia per tutti gli italiani.