La nascita della Repubblica

 

 

Monarchia o Repubblica? È la domanda posta agli italiani con il referendum del 2 giugno 1946. Il 54,3% degli elettori - per la prima volta sono ammesse al voto anche le donne - sceglie la Repubblica con un margine di due milioni di voti, decretando la fine della Monarchia. Umberto II, diventato sovrano un mese prima in seguito all’abdicazione del padre Vittorio Emanuele III, accetta il verdetto e lascia l’Italia con la sua famiglia. Per i Savoia inizia un lungo esilio.  

 

 

“L’attrito più grave all’interno dei partiti della coalizione - ha scritto Pietro Nenni - si manifestò nei primi due mesi del 1946 e rischiò di mettere in crisi il governo De Gasperi”.

Le parole dello storico leader del socialismo italiano si riferiscono al momento in cui si tratta di decidere il tempo e il metodo per effettuare la scelta tra monarchia e repubblica: due questioni che possono avere una forte incidenza sulla presa elettorale di ogni singolo partito. Quanto al metodo, il decreto di Salerno - Decreto legge luogotenenziale 25 giugno 1944 n°151 - prevedeva che le forme istituzionali sarebbero state determinate dalla Costituente. Ma mentre Nenni e Togliatti, la maggioranza dei ministri e inizialmente lo stesso De Gasperi sono fermi a quel deliberato, il ministro liberale Cattani sostiene che la scelta tra monarchia e repubblica deve essere affidata alla diretta consultazione popolare mediante un referendum. In questo senso si orienta poi anche De Gasperi, in seguito Togliatti: si adotta pertanto il referendum. Si discute però se esso debba effettuarsi prima, dopo o durante la Costituente, o se contestualmente.

Le dispute sul modo e sul tempo della scelta istituzionale occupano cinque lunghe sedute del Consiglio dei Ministri dal 19 al 28 febbraio del ’46, con polemiche acute. Infine, il 16 marzo viene fissata la data del 2 giugno per l’elezione della Costituente e per il referendum. Eppure vi è molta incertezza nell’aria. Nenni appunta sul suo diario: “Per il referendum De Gasperi considera sicura la vittoria repubblicana. Togliatti non esclude che noi si rimanga un poco al di sotto del 50 per cento. Io sono di avviso contrario”.

Intanto il 9 maggio Vittorio Emanuele III di Savoia abdica in favore del figlio, che diventa re: Umberto II, il “re di maggio”, come lo chiameranno i repubblicani. È una mossa elettorale intesa ad avvantaggiare Umberto, non coinvolto come il padre nelle responsabilità del fascismo e della guerra. In ogni modo il nuovo re scrive subito a De Gasperi che: “Questo atto non modifica in alcuna maniera l’impegno da me preso nei confronti del referendum e della Costituzione”.

Tuttavia, nonostante le tensioni di quei giorni cruciali, le consultazioni elettorali del 2 giugno sono le più libere e tranquille tra quelle svolte nel ‘46 in tutta l’Europa liberata.

Gli elettori affollano i seggi. Le signore vanno a votare con trepidazione perché per loro è la prima volta: si tengono strette ai mariti che le accompagnano.

Vince la Repubblica e il ministro degli Interni Romita si affretta a darne pubblica notizia.

Dopo l’annuncio il re Umberto ordina la partenza immediata per il Portogallo della regina Maria José con i figli: egli aspetterà soltanto la “proclamazione ufficiale dei risultati”.

Il 10 giugno 1946 dunque la Corte Costituzionale si riunisce in seduta pubblica nel Salone della Lupa a Montecitorio e il suo primo Presidente Giuseppe Pagano, al termine dei conteggi, dichiara: “repubblica, totale dei voti 12.672.767 (54,3%); monarchia, totale dei voti 10.688.905 (45,7%)”.   La Repubblica Italiana è appena nata.