Luchino Visconti 

  

 

A 40 anni dalla scomparsa, ripercorriamo la vita e la carriera del grande regista Luchino Visconti (1906-1976): il ritratto di un raffinato maestro della Storia del cinema italiano del Novecento.

Il III Municipio di Roma gli ha dedicato "Largo Luchino Visconti", nel quartiere Casale Nei. 

 

 

Luchino Visconti di Modrone, conte di Lonate Pozzolo, nasce a Milano il 2 novembre del 1906.  

Suo padre era il duca Giuseppe Visconti di Modrone, sua madre, Carla Erba, possedeva un’azienda farmaceutica: la coppia aveva altri sette figli.

Nel 1926 il futuro regista presta servizio militare come sottoufficiale di cavalleria a Pinerolo, e vive gli anni della gioventù occupandosi di cavalli nella sua scuderia. Il suo rendimento al liceo Berchet di Milano non è dei migliori: viene infatti respinto al ginnasio.

Il padre diventa uno dei principali finanziatori del Teatro alla Scala e grazie alle sue amicizie, tra cui Arturo Toscanini, il giovane Visconti viene introdotto nel mondo della lirica e del melodramma. 

La carriera nel campo del cinema inizia nel 1936 grazie alla collaborazione con Jean Renoir, conosciuto tramite l’amica comune Coco Chanel. Nel ruolo di assistente alla regia e addetto ai costumi Visconti lavora a Parigi sui set di “Les Basfonds” e “Une Partie de Campagne”, imparando molto del mestiere di regia dallo stesso Renoir. In quel periodo stringe amicizia con un gruppo di militanti di sinistra.

Dopo la morte della madre ritorna in Italia ed entra in contatto con un circolo di intellettuali, soci della rivista Cinema. Questo gruppo teorizzava una rivoluzione artistica e politica nel cinema italiano secondo la quale si sarebbero dovuti accantonare ben presto le commedie dei “Telefoni bianchi” e i drammi borghesi, per gettare un sguardo impegnato sulle classi più povere e sui problemi del Paese. Uno dei primi lavori che si pone questi obiettivi viene realizzato dallo stesso Visconti insieme a Mario Alicata e Giuseppe De Santis: “Ossessione” (1943), liberamente ispirato al romanzo di James Cain “Il postino suona sempre due volte” e considerato la prima opera neorealista della Storia del cinema. 

Fin da questo momento iniziano le prime tensioni con la censura. “Ossessione” ha una scarsa distribuzione e il secondo progetto di Visconti, tratto da “L’amante di Gramigna” di Giovanni Verga, non vedrà mai la luce a causa degli impedimenti provocati dal ministro Alessandro Pavolini.

Dopo l’armistizio Visconti collabora con la Resistenza e per questo viene arrestato a Roma durante l’occupazione dei tedeschi. Si salva dalla fucilazione per l’intercessione di Maria Denis, attrice e futura compagna del regista. Cessati gli scontri, un gruppo di registi, tra cui lo stesso Visconti, realizza un documentario sulla Resistenza dal titolo “Giorni di gloria”. Il cineasta milanese ne gira alcune scene, tra cui il linciaggio dell’ex direttore di Regina Coeli e la fucilazione di Pietro Koch, il funzionario fascista che lo aveva arrestato.

Per alcuni anni cura una serie di rappresentazioni di lirica e nel 1948 torna dietro la macchina da presa per uno dei massimi capolavori del neorealismo, “La terra trema - Episodio del mare”, tratto da “I Malavoglia” di Verga. Si tratta di un crudo dramma di denuncia, parlato in dialetto siculo e interpretato da un cast di non professionisti, sulle condizioni della classi povere, in particolare del meridione. Il film non ottiene alcun successo commerciale.

Due anni dopo ne viene distribuita una edizione tagliata e doppiata in italiano che non raggiunge risultati migliori, pertanto Visconti rinuncia all’idea di realizzare altri due film di una ipotetica trilogia sulla povertà, della quale “La terra trema - Episodio del mare” sarebbe stato il primo capitolo.

Il successivo “Bellissima” (1951), tratto da un soggetto di Cesare Zavattini, con Anna Magnani e Walter Chiari, analizza con spietatezza il “dietro le quinte” del mondo cinematografico. In questo periodo Visconti si occupa di nuovo di regia per il teatro, creando un sodalizio artistico di successo con Maria Callas.

È del 1954 “Senso”, il suo ennesimo capolavoro interpretato da Alida Valli e Farley Granger. Molti lo accusano di aver tradito il neorealismo, dal momento che l’azione si svolge durante i moti italiani dell’Ottocento e l’attenzione è rivolta alle vicende di una nobildonna e di un ufficiale austriaco; altri invece ne esaltano la perfezione stilistica, la cura maniacale del dettaglio nei costumi e nelle scenografie.

Tre anni dopo esce nelle sale un’altra pellicola del grande cineasta, “Le notti bianche”, ispirata al romanzo di Fedor Dostoevskij, vincitore del Leone d’Argento a Venezia.

Nel 1960 Visconti produce “Rocco e i suoi fratelli”, probabilmente il suo maggiore successo di pubblico. Nella sceneggiatura sono mescolati felicemente “Il ponte della Ghisolfa” di Giovanni Testori e “L’idiota” di Dostoevskji, e la narrazione è ricca di dramma, soprattutto grazie alle magnifiche interpretazioni di Alain Delon, Renato Salvatori e Annie Girardot.

Alla sua uscita “Rocco e i suoi fratelli” provoca aspre polemiche da parte della censura a causa della violenza di alcune scene e il regista è coinvolto in una causa giuridica che, prima di concludersi con l’assoluzione, prosegue per 6 anni durante i quali vengono coinvolte nello scandalo anche le sue posizioni politiche. Nonostante tutto il film vince il Gran Premio della Giuria al Festival di Venezia.

Nel 1962 la celeberrima trasposizione de “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa vince la Palma d’oro a Cannes e riscuote un grande successo in tutta Europa. Il film ha per protagonista Burt Lancaster nel ruolo del principe di Salina ed è anche interpretato da Alain Delon e Claudia Cardinale, entrambi già presenti in “Rocco e i suoi fratelli”.

Tre anni più tardi arriva la terza collaborazione consecutiva con la Cardinale, protagonista di “Vaghe stelle dell’Orsa” (titolo ispirato a Giacomo Leopardi). La storia d’incesto che fa perno alla vicenda è ricca di richiami alla tragedia greca, alla mitologia e a percorsi culturali del Novecento.

Nel 1967 gira “Lo straniero” con Marcello Mastroianni, tratto dal libro di Albert Camus. È del 1969 “La caduta degli dei”, racconto dell’ascesa e caduta di una ricca famiglia tedesca ai tempi della nascita del Nazismo. Il film è considerato il primo tassello di quella che successivamente verrà definita la “Trilogia tedesca” di Visconti, assieme ai successivi “Morte a Venezia” (1971) e “Ludwig” (1973). 

Proprio durante la lavorazione di “Ludwig” Luchino Visconti viene colpito da un ictus che lo lascia paralizzato nella parte sinistra del corpo. Il cineasta riesce tuttavia a produrre altri due film - “Gruppo di famiglia in un interno” e “L’innocente” - prima di spegnersi a Roma, a causa di una grave forma di trombosi, il 17 marzo del 1976.