Peppino De Filippo 

 

Sulla Via Nomentana, al civico 761, una targa posta - dal III Municipio - all’ingresso di un palazzo anni ‘70 ricorda un celebre inquilino, Peppino De Filippo (1903-1980): uno tra i più noti attori, autori e commediografi italiani - fratello del grande Eduardo - che qui visse gli anni della maturità artistica. 

 

 

Attore e commediografo, Giuseppe De Filippo, detto Peppino, nacque a Napoli il 24 agosto del 1903.

Nei primi anni lavorò nella compagnia di Eduardo Scarpetta, poi ne fondò una sua con i fratelli Eduardo e Titina, distinguendosi per una comicità semplice e diretta, meno amara di quella delle farse di Scarpetta. Dal 1945 si staccò dai fratelli, fondando un’altra compagnia con il figlio Luigi. Tra le commedie più comiche e divertenti nelle quali spiccava la sua genialità nella creazione dei personaggi ci furono “Ma c’è papà”, “Quaranta ma non li dimostra”, “Cupido scherza e spazza”. Nel 1932 esordì nel cinema con il fratello Eduardo in “Tre uomini e un frac”. Da allora poi inaugurò una felice stagione cinematografica con “Le Signorine dello 04″, “Totò, Peppino e la malafemmina”, “Chi si ferma è perduto” e “Boccaccio 70″: tutte pellicole di grande successo popolare recitate con attori straordinari, come Totò e Aldo Fabrizi. Tra le sue migliori interpretazioni è da ricordare “Luci del varietà” di Federico Fellini; inoltre, in televisione, Peppino De Filippo inventò il personaggio storico di Pappagone per il famoso varietà Canzonissima.

 

A differenza di Totò che dal Rione Sanità si proiettò sulle tavole del palcoscenico per irrefrenabile vocazione, Peppino De Filippo nacque in una famiglia che viveva di spettacolo. Il padre, quello che dette loro il cognome, era amministratore della Compagnia teatrale di Eduardo Scarpetta, il loro vero genitore. Ed è molto verosimile che i tre abbiano calcato le tavole del palcoscenico fin da bambini, come è indubbio che già dalla più tenera età subirono il fascino e l’autorevolezza del padre naturale. L’essere però suoi figli non comporta per i tre fratelli grandi vantaggi perché il padre era osannato e apprezzato dal mondo teatrale e culturale napoletano, mentre i tre erano costretti a una dura gavetta. Morto Scarpetta, continuarono nel mestiere a cui erano stati avviati e si formarono alla dura scuola del palcoscenico, affinando le doti genetiche ricevute dal padre. Prima scritturati assieme in compagnie teatrali che riproponevano, tra gli altri, i testi di successo scritti da Scarpetta, successivamente si organizzarono e formarono una propria compagnia, ma a decidere era sempre e solo Eduardo, il fratello più autorevole. Con i mugugni di Peppino che, negli anni, si trasformarono in vero e proprio dissenso, andò avanti un contrasto che li portò a dividerli, nonostante la costante mediazione della sorella Titina. I due fratelli giunsero così ad un punto tale di rottura che, dopo la morte di Titina, per anni rimasero distaccati fra di loro.

 

Peppino avviò la collaborazione con Totò nel film “Totò e le donne” (1952), e l’incontro fu particolarmente felice se già il secondo film, nel 1953, fu annunciato con la nascita di una nuova coppia di comici “Totò, Peppino…e una di quelle”. In totale ne girarono insieme sedici, di cui parecchi con i loro nomi nel titolo, come quello appena citato.

 

Peppino è stato sicuramente un attore di razza con una verve comica, recitativa e gestuale sperimentata durante il lungo apprendistato sulle tavole del palcoscenico con i due fratelli, a fronte dei quali il ruolo che gli è toccato è sempre stato quello del comico di genere. Anche con Totò non muta ruolo, solo che il confronto con l’aggressività di Totò lo caratterizzava sempre nella parte del più debole, come sarebbe appunto nella tradizione del comico di genere. In questo caso però il comico principale era Totò e la sua comicità fu costretta ad arretrare perché Peppino formalmente non accettò mai di essere esclusivamente la spalla di Totò, anche se lo era nei fatti. E in questi casi faceva scattare l’orgoglio dell’attore di razza, capace di rivalutare e rendere gustoso anche un ruolo senza spessore.

 

Peppino trasformò la spalla di Totò in personaggio e, rispondendo a tono alle sue invenzioni repentine e inaspettate, materializzò una spalla diversa da quella tradizionale.

 

Non il secondo attore, stando allo stretto significato del termine, ma, per estensione, il protagonista insieme a Totò. Nel senso che era protagonista nonostante e grazie a Totò.

 

Rievocando mentalmente la struttura dei loro personaggi se ne ha la conferma: infatti è proprio con la sua aria da vittima, da contadino ottuso e caparbio, che Peppino offriva a Totò il destro per esercitare, attraverso esilaranti effetti comici, la sua corda cattiva. Tra i due si instaurò un rapporto vittima-carnefice, tenuto in piedi sempre da due personaggi poveri, entrambi vittime, ma che giocavano a prevaricarsi tra di loro, improvvisando espedienti di vita e facendo ricorso a un linguaggio e ad espressioni gestuali totalmente inventati, che comprendevano solo loro.

Peppino, il “grande Peppino”, morì a Roma il 27 gennaio del 1980, lasciando molta tristezza fra quanti gli avevano voluto veramente bene