Rodolfo Valentino: in nome dell'amore - e del cinema -

 

La vita di Rodolfo Valentino (1895-1926): il ritratto di un “mito senza tempo” a cui il III Municipio di Roma ha dedicato una via nel quartiere Vigne Nuove. 

 

Rodolfo Alfonso Raffaello Pierre Filibert Guglielmi di Valentina D’Antonguella (quest’ultima parte del cognome volle aggiungerla suo padre perché convinto di avere origini nobiliari), in arte Rodolfo Valentino, nacque a Castellaneta, in provincia di Taranto, il 6 maggio del 1895 da padre italiano, Giovanni Guglielmi di Valentina D’Antonguella, veterinario ed ex capitano di cavalleria, e da madre francese, Marie Gabrielle Bardin, dama di compagnia della marchesa del luogo.

Secondo di quattro fratelli, si trasferì con la famiglia prima a Taranto e poi, dopo la morte del padre, a Perugia, dove restò per tre anni in un collegio, l’ONAOSI (Opera Nazionale Assistenza Orfani Sanitari Italiani). Fu espulso dal collegio per il suo carattere indisciplinato. Successivamente cercò di entrare nel Collegio Navale Morosini della Marina a Venezia, ma fu scartato per problemi fisici. Conseguito il diploma a Genova - in agraria - ritornò a Taranto.

Da sempre attratto dalla danza, approfittò di una vacanza a Parigi per affinare le sue doti di ballerino e per immergersi nella “bella vita”, ma rimasto ben presto senza soldi dovette chiederli alla famiglia per poter fare ritorno a casa.

Nel 1913 decise di partire per l’America per inseguire il suo sogno, ma il suo temperamento lo portò anche stavolta a svuotare presto il portafogli. Si dedicò così a piccoli lavori come cameriere e giardiniere, per poi essere assunto come “taxi dancer”. Nel frattempo iniziarono le sue tormentate storie d’amore con svariate ballerine - Bonnie Glass e Joan Sawyer, solo per citarne alcune - dalle quali ebbe anche tornaconti economici, perché fu ingaggiato da loro. Dopo queste esperienze si trasferì a San Francisco e riuscì a entrare in una compagnia teatrale. Su consiglio di un amico decise di spostarsi ad Hollywood.

Dopo alcuni film in cui fu solo una comparsa, ottenne il successo con “I quattro cavalieri dell’Apocalisse”, pellicola in cui vestiva i panni di Julio Desnoyers. Fu protagonista, tra gli altri, di “Lo Sceicco”, “L’età di amare”, “L’aquila”, “Cobra”, “Notte nuziale”, “Sangue e arena”, “Il figlio dello sceicco”.

Amava godersi la vita e divenne ben presto uno dei primi “sex symbol” lanciati dal cinema. Valentino dettava la moda: tutti imitavano il suo stile, dai capelli al suo modo di vestire. Persino quel suo sguardo magnetico che fece perdere la testa a tantissime donne, tra cui Jean Acker (sua prima moglie), Natacha Rambova (seconda moglie), l’attrice Pola Negri e la sceneggiatrice June Mathis.

Le notizie sulle sue vicende amorose sono piuttosto confuse, c’è chi parla di bisessualità e chi di omosessualità: voci improbabili, che si ritiene siano state diffuse per demolire il suo mito.

Rodolfo Valentino si spense a New York il 23 agosto del 1926, a causa di una peritonite.

Il suo ultimo film, “Il figlio dello sceicco”, è uscito postumo, consacrandolo “vero e proprio mito”. Nel giorno della sua morte si registrarono circa una trentina di suicidi - non si sa con certezza quanti imputabili al suo decesso - e innumerevoli scene di isteria da parte delle fan caratterizzarono i suoi funerali. Furono organizzati due cortei funebri, uno a New York e un altro a Hollywood.

È sepolto nel Mausoleo della Cattedrale dell’Hollywood Forever Cemetery di Los Angeles.