Totò: il "principe della risata". 

 

 

Gli aggettivi per il “principe della risata” si sprecano, ed è impossibile riassumere in poche righe la preziosa eredità che il grande Antonio De Curtis, in arte Totò, ha lasciato nel mondo dell'arte, del costume e del linguaggio.

Per rendergli omaggio, cercheremo tuttavia di tracciarne un ritratto, ripercorrendo insieme le fasi salienti della sua avventura umana e artistica.    

 

Il III Municipio di Roma gli ha intitolato una via nel quartiere Vigne Nuove.

 

 

Antonio De Curtis nasce a Napoli il 15 febbraio del 1898, e fin da piccolo viene chiamato affettuosamente Totò. La mamma, Anna Clemente, è una ragazza madre e per questo viene registrato all’anagrafe come Antonio Clemente, figlio di N.N.

La condizione di “figlio di nessuno” gli ha sempre creato dei complessi, ragion per cui si è delineato in lui un desiderio di “ascendenze chiare e nobili”. Questo desiderio si è concretizzato successivamente con una sorta di acquisizione di titoli nobiliari tramite una sua adozione in età adulta, dietro compenso. Solo nel 1921 Antonio verrà riconosciuto come un De Curtis, dopo il matrimonio della madre con Giuseppe De Curtis.

Durante la difficile giovinezza un pugno gli provoca una notevole deviazione del setto nasale, determinando anche la parziale atrofia che si manifesterà nella sua tipica asimmetria facciale.

Sin da bambino in Totò è viva la passione per il teatro e per i personaggi comici in particolare. Dalle recite familiari al palcoscenico il passo è breve: già a 15 anni debutta in uno dei tanti teatrini napoletani con lo pseudonimo di Clerment.

Durante la Prima guerra mondiale egli conosce le durezze e la stupidità della vita in caserma, ed è da allora che nasce in Totò l’avversione per i cosiddetti “caporali”, persone senza arte né parte che con la forza della propria posizione cercano di imporsi meschinamente sugli altri.

Nel 1918 torna a Napoli e comincia a recitare in piccoli teatri con un repertorio di imitazioni. Dopo quattro anni un clamoroso fiasco lo porta a lasciare la sua città natale per trasferirsi a Roma, dove diventa famoso interpretando la marionetta disarticolata che in seguito riproporrà in alcuni film. Qui nasce il personaggio Totò, con la tipica bombetta logora e il tight troppo largo, sempre alle prese con la povertà e il suo aspetto peggiore: la fame.

Con il successo arrivano anche le donne: molte. Il legame con Liliana Castagnola si risolve addirittura tragicamente, con lei che si toglie la vita dopo un litigio, lasciando Totò molto scosso e addolorato.

Poi, nel 1932 sposa la giovane Diana Rogliani, dalla quale ha la figlia che chiamerà proprio Liliana. Il matrimonio viene annullato già nel 1940, ma la coppia rimane insieme nell’apparenza fino al 1950, per il bene della figlia. Quando l’ex moglie lo lascia definitivamente per un altro uomo Totò scriverà di getto il suo capolavoro, “Malafemmina”.

Intanto cresce il successo, con rappresentazioni teatrali e produzioni cinematografiche. Negli anni Cinquanta scoppia una vera e propria “Totò-mania”.

Nel 1952 conosce Franca Faldini, la compagna di 33 anni più giovane con la quale vivrà fino alla morte.

Di successo in successo Totò lavora con gli attori più grandi del periodo: Eduardo De Filippo, Peppino, Aldo Fabrizi, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Walter Chiari, Alberto Sordi, Vittorio De Sica, Vianello, Fernandel, Macario, Mastroianni, Manfredi e molti altri. Infine, l’importante incontro con il regista Pier Paolo Pasolini gli permette di farsi scoprire dal pubblico come attore di grande sensibilità e intelligenza, in ruoli che incarnano una straordinaria capacità di sarcasmo intersecati a momenti di profonda commozione.

Problemi con il fisco lo costringono a lavorare di continuo e senza sosta, anche quasi cieco a causa di una malattia virale. Il superlavoro e una vita tutt’altro che salutare, caratterizzata da un centinaio di sigarette al giorno inframmezzate da decine di caffè, gli danno il colpo di grazia.

Totò si spegne a Roma il 15 aprile del 1967, in seguito a tre infarti consecutivi.

Il funerale a Napoli vede una intera città in ginocchio. Oltre duecentomila persone daranno il loro saluto a questo artista che è stato, senza dubbio, il più grande comico italiano di tutti i tempi.