UN GIORNO D'AUTUNNO A ROMA


 [di Alessandro Quinti]



[Sotto la pioggia

 

È di nuovo autunno nella Capitale. Una nuova stagione è dunque iniziata, stagione resa assai delicata dall’emergenza sanitaria intercorsa. E una vocina da lontano pare che sussurri: ci risiamo. Con l’arrivo dell’autunno/inverno, dei primi temporali, e della immancabile caduta delle foglie, la città infatti appare sempre sull’orlo di una crisi di nervi, messa in ginocchio da allagamenti che bloccano interi quadranti di Roma e mettono a rischio l’incolumità dei cittadini. Perché alla fine della fiera, tant’è. Antonello Venditti cantava, “Sotto la pioggia”, o “Ricordati di me, quando la città è allagata da questo temporale…”, ma qui c’è poco da cantare! E d’altronde ha ragione anche l’amministrazione capitolina quando, ciclicamente, spiega che da molti - troppi - anni non si interviene adeguatamente, in misura preventiva, in tal senso. Tombini, caditoie, sottopassi, pulizia ordinaria delle strade, sono tutti prerequisiti per passare l’esame della messa in sicurezza dei nostri martoriati territori. Poi arriva l’emergenza, l’evento straordinario, eccezionale, il coinvolgimento dei volontari, dei Vigili del Fuoco, della Protezione Civile e quant’altro, e in qualche modo se ne viene fuori, si “argina” il caos, ancora una volta. A seguire la conta dei disagi, e poi magari rispunta il sole che fa sperare nel meglio, che fa dimenticare l’accaduto. È una ruota che gira troppo velocemente. C’è bisogno di fermarsi e capire quale direzione prendere. La cittadinanza lo pretende. Non interessano le inevitabili schermaglie politico/amministrative tra la maggioranza e l’opposizione, quali che siano, non interessa sapere che in futuro i servizi saranno più efficienti, e che il Primo cittadino sarà più potente nella gestione straordinaria di eventi del genere. Interessa - a tutti - qui ed ora, sapere cosa accadrà domani. Se potremo mandare serenamente i nostri ragazzi a scuola anche quando piove, e se andare al lavoro sarà una “mission possible”. Punti interrogativi amplificati dall’attualità di questo periodo storico, evidentemente sui generis, di post lockdown e di smart-working. Oppure se dovremo affidarci agli auspici, come Romolo e Remo, e scegliere, quando il tempo si mette a brutto, di restare a casa. Perché non si  sa mai!