Antonio Gramsci  

 

Un ritratto di Antonio Gramsci a 130 anni dalla nascita (1891-1937): intellettuale tra i più eminenti del secolo scorso, fu il principale ideologo, oltre che co-fondatore, del Partito Comunista Italiano. 

 

Antonio Gramsci nacque il 22 gennaio del 1891 ad Ales (Cagliari) da Francesco, impiegato all'Ufficio del registro, e Giuseppina Marcias; quarto di sette figli, in tenera età fu colpito da una grave malattia che gli causò una deformità.

La condanna del padre a cinque anni di reclusione, per un'irregolarità amministrativa, costrinse la sua famiglia a trasferirsi a Ghilarza dove Antonio cominciò a frequentare le scuole elementari, alternando gli studi con un lavoro all'ufficio del catasto del suo paese.

Nel 1910 scrisse il suo primo articolo sull' "Unione Sarda", come corrispondente del giornale da un piccolo centro nella zona del Tirso. Nel 1911 ottenne la licenza liceale e decise di trasferirsi a Torino grazie a una borsa di studio offerta dal Collegio Carlo Alberto agli studenti poveri del Regno di Sardegna. Si iscrisse quindi alla Facoltà di Lettere orientato verso gli studi di filologia. In questi anni, caratterizzati da problemi di salute e ristrettezze economiche, conobbe Palmiro Togliatti e cominciò a frequentare il movimento giovanile socialista.

Il 31 ottobre 1914 pubblicò l'articolo sul "Grido del Popolo" dal titolo Neutralità attiva ed operante con il quale prese posizione nel dibattito sulla partecipazione del movimento socialista alla guerra. La collaborazione con il giornale continuerà fino al dicembre del 1915, anno in cui entrò a far parte della redazione dell' "Avanti!", iniziando una collaborazione che durerà per ben cinque anni con la rubrica "Sotto la Mole". In queste pagine di cronaca torinese, in cui si alternavano brevi saggi teorici a critiche teatrali, emerse l'originalità e la concretezza delle proposte politiche, che lo consacrarono come rivelazione del giornalismo socialista di quegli anni.

Nel 1917 pubblicò il numero unico della Federazione giovanile socialista piemontese, "La città futura", e nello stesso anno oltre a ricoprire la carica di segretario dell'esecutivo provvisorio della sezione socialista di Torino, assunse la direzione de "Il Grido del Popolo", fino all'anno successivo.

Nel 1919 nacque l' "Ordine Nuovo". Rassegna settimanale di cultura socialista, nella quale insieme a Gramsci c'erano Togliatti, Angelo Tasca e Umberto Terracini. La rivista, oltre a partecipare alla vita di fabbrica e dei consigli operai, veicolò le più vive testimonianze del mondo della cultura internazionale sulla rivoluzione.

Nel 1920 Gramsci pubblicò, sempre nell' "Ordine Nuovo", il programma d'azione della sezione socialista torinese nella cui commissione esecutiva viene rieletto con Togliatti. Nello stesso anno venne proclamato lo sciopero generale che si concluse con la sostanziale sconfitta del movimento dei consigli di fabbrica appoggiato dal gruppo ordinovista, con il dissenso della Cgl e del Psi. Indirizzo che era stato giudicato da Lenin pienamente rispondente ai principi della terza internazionale.

Nel 1921 assunse la direzione dell' "Ordine Nuovo" trasformato in quotidiano dei comunisti torinesi; partecipò al XVII congresso del Partito socialista e dopo la scissione di Livorno venne eletto membro centrale del nuovo Partito comunista d'Italia. Partecipò al secondo congresso del Pcd'I e venne designato a rappresentare il partito in URSS presso il comitato esecutivo del Comintern.

Dopo esser stato colpito da esaurimento nervoso fu ricoverato in un ospedale presso Mosca dove conobbe Giulia Schucht, che diventerà sua moglie e madre di due bambini: Giuliano e Delio. Successivamente, nel 1923, fu destinato a Vienna con l'incarico di mantenere i collegamenti tra il Pcd'I e gli altri partiti comunisti europei.

Intesse dunque un fitto carteggio con Togliatti, Terracini e altri esponenti per creare un nuovo gruppo dirigente. Il 12 febbraio ‘24 uscì a Milano il primo numero de "L'Unità" e sempre nel 1924 nelle consultazioni politiche fu eletto deputato, e forte dell'immunità parlamentare, tornò in Italia nonostante un mandato d'arresto che incombeva su di lui. Furono questi i più intensi anni di attività intellettuale e politica che lo videro impegnato sia nell'attività giornalistica che, come segretario generale, nel confronto con gli elementi frazionistici della sinistra del partito, riuniti in un comitato d'intesa diretto da Amadeo Bordiga.

Nel 1925 partecipò a Mosca ai lavori della quinta sessione dell'esecutivo allargato del Comintern e pronunciò il suo unico discorso alla Camera. Partecipò nel 1926 al terzo congresso nazionale del Pcd'I (Lione 23-26 gennaio) che sancì il distacco del nuovo gruppo dirigente, guidato da Gramsci, dalla sinistra bordighiana. Il 14 ottobre inviò al comitato centrale del Pcus una lettera in cui richiamò l'attenzione sul pericolo dello scontro tra la maggioranza del Politbjuro di Stalin e Bucharin e l'opposizione di Trockij, Zinon'ev e Kamenev, denunciando le disastrose conseguenze che tali lotte avrebbero causato per la "funzione dirigente" sovietica.

L'8 novembre del 1926 in base ai "provvedimenti eccezionali" fu arrestato dal governo fascista e incarcerato a Regina Coeli. La sentenza arriverà il 28 maggio del 1928 all'interno del processo contro i dirigenti comunisti, che lo condannerà a 20 anni di carcere scontati tra Ustica, Milano e Turi.

Nel 1929 ottenne l'autorizzazione a scrivere e cominciò a stilare i Quaderni del carcere.

Il peggioramento della sua salute e il costante rifiuto di ogni richiesta di grazia lo condussero in pochi anni verso un deterioramento irreversibile delle condizioni psico-fisiche e, nonostante il ricovero in stato di detenzione nella clinica di Formia nel 1933 e in quella Quisisana di Roma, il 27 aprile del 1937, dopo 11 anni di carcere, fu colpito mortalmente da emorragia celebrale.

In quegli anni intrattenne un fitto carteggio con familiari e amici. Le corrispondenze, principalmente indirizzate verso la cognata Tania, verranno raccolte ed organizzate sotto il titolo Lettere dal carcere. Stessa sorte subirono gli appunti che vennero stesi in previsione di un lavoro sistematico. Rivisti e ordinati furono pubblicati come una raccolta di note e appunti, con il titolo Quaderni del carcere e sottoposti nel corso degli anni, come le Lettere, a integrazioni e revisioni.