Palmiro Togliatti 

 

Un ritratto di Palmiro Togliatti, storico segretario del Partito Comunista Italiano: un protagonista della storia politica italiana del secondo dopoguerra. 

  
Palmiro Togliatti (Genova, 26 marzo 1893 - Yalta, 21 agosto 1964): il capo incondizionato del PCI. Un politico professorale che cita i classici e ostenta finezza da erudito; una faccia da professore sardonico e pignolo, scaltro e sorridente.

 

Lo chiamano “il Migliore” e parla di riscatto, alimenta speranze, offre la lotta al capitalismo, propone la rivoluzione, il socialismo, l’Urss, Stalin, il paradiso rosso. Sostiene che il comunismo viene da lontano e andrà molto lontano.

 

Tuona dai palchi, tiene comizi appassionati ma, nell’intimo, non è un rivoluzionario e non vuole lo scontro frontale con la Chiesa. Da vero uomo di apparato, cresciuto alla scuola sovietica, non ama le masse. Forse teme, scatenandole, di restarne prigioniero, e forse teme che un regime comunista a Roma possa fare di lui uno di quei “proconsoli” che il padrone del Cremlino sottopone a regolari purghe.

 

Tuttavia la sicurezza con la quale durante i suoi comizi dichiara di poter cacciare con il voto Alcide De Gasperi è sincera. E a rafforzarla c’è anche la convinzione che un potere raggiunto per via democratica gli darebbe nei confronti di Mosca una maggiore forza contrattuale.

 

Ma Togliatti parte da una premessa illusoria: quella cioè secondo cui l’Italia sarebbe matura per un governo di sinistra. Una illusione clamorosa, che suona a conferma di un fatto inequivocabile: quello per cui l’Italia apparente del 1948 è così diversa da quella reale da ingannare anche un politico consumato come Togliatti.

 

Il punto è che il leader comunista non si rende conto che lo slancio di entusiasmo scaturito dalla guerra di liberazione si è esaurito e che la guerra partigiana, con i suoi valori e le sue sofferenze, è ormai un ricordo. Pertanto solo i militanti comunisti continuano ad alimentare il dibattito ideologico. La gente comune è su un’altra lunghezza d’onda: vuole fatti, certezze, stabilità, pane, carne e, possibilmente, qualcosa di più.

 

L’esito dello scontro quindi è facile da prevedere. Sul piano delle cose concrete la DC non è battibile. Nelle elezioni del 18 aprile ’48 infatti per la DC e per la democrazia è festa nazionale, e la disfatta comunista rappresenta il vero terminale del dopoguerra.

 

Vittima di un attentato - il 14 luglio 1948 - che porta il Paese sull’orlo di una guerra civile, sotto la sua guida il PCI diventa comunque il più grande partito comunista del mondo occidentale. Discusso per il suo legame con Mosca, a dispetto dei crimini del regime staliniano e della violenta repressione della rivoluzione ungherese, Togliatti propone infine la via istituzionale al socialismo, abbandonando dunque ogni velleità rivoluzionaria. 

 

Legato sentimentalmente a Nilde Iotti - prima donna eletta Presidente della Camera dei Deputati - “il Migliore” ha lasciato una vasta produzione giornalistica e diversi studi sul pensiero di Antonio Gramsci e sui rapporti tra Stato e Chiesa. 

 

L'attentato a Togliatti