Lo sbarco di Anzio 

 

 

È l’alba del 22 gennaio 1944: gli attoniti abitanti di Anzio e di Nettuno vedono il loro Tirreno brulicare di navi, mentre le prime colonne americane si addentrano nell’entroterra ormai deserto. Il generale Kesserling - capo delle forze tedesche in Italia - ha già trasferito le forze tedesche verso Livorno, ed ora che gli Alleati sono sbarcati cerca disperatamente di bloccarli.  

 

Lo sbarco ad Anzio rappresenta la soluzione strategica per sbloccare l'impasse di Cassino e raggiungere al più presto Roma. La manovra strategica deve essere condotta dal Gruppo di Armate. L'ottava Armata Britannica deve attaccare e avanzare sul versante adriatico; la Quinta Armata deve attaccare il fronte di Cassino per fissare le forze tedesche in linea e impegnare le riserve. In contemporanea il VI Corpo d'Armata USA, posto al Comando del Gen. John Lucas, deve sbarcare ad Anzio. Preso terra, sfruttando la sorpresa, deve avanzare rapidamente verso l'interno e deve tagliare le linee di alimentazione tedesche tra Roma e Cassino, isolando e quindi costringendo alla resa o alla ritirata la 10ª Armata Tedesca. In tal modo, qualsiasi risultato fosse stato conseguito, sicuramente gli Alleati si sarebbero trovati a sud di Roma e soprattutto sganciati dalle posizioni di Cassino, per abbandonare la guerra di posizione e iniziare quella di movimento, dove la loro superiorità logistica avrebbe fatto sentire tutto il suo peso.

Tuttavia l'operazione, denominata "Shingle", è un totale disastro. Il 22 gennaio iniziano ad Anzio e Nettuno e nelle prime dodici ore sbarcano 50 mila uomini con tutto il loro equipaggiamento.

Ad Anzio è un fallimento. Lo sbarco tatticamente riesce: nella prima giornata sbarcano oltre 36.000 uomini e 18.000 autoveicoli ruotati e cingolati. La sorpresa per i tedeschi è totale. Ma la decisione del Gen. Lucas di attendere rinforzi e trincerarsi sulle spiagge permette ai tedeschi di reagire e bloccare gli alleati in una testa di ponte profonda solo 11 km e larga 24.

Lucas anziché puntare all'interno si trincera sulle spiagge (si impone la “sindrome di Salerno”). Non si arrischia neppure di tentare una ricognizione in forze. I tedeschi, colti completamente di sorpresa, reagiscono con estremo vigore. Mettono in piedi una 14ª Armata, posta al Comando di Hans Georg von Mackensen, che inizialmente riesce a contenere le forze di Lucas e poi, organizzatisi, riesce ad incapsulare le forze sulla testa di ponte. 

Il 3 febbraio i tedeschi sferrano un primo contrattacco, a cui seguono altri attacchi per tutto il mese di febbraio. Il 16 febbraio 1944 (il giorno prima gli Alleati hanno bombardato l'Abbazia di Montecassino) von Mackensen addirittura riesce a lanciare un contrattacco che si protrae fino al 19 febbraio ed è sul punto di ricacciare le forze alleate in mare.

Il 23 febbraio Lucas viene rimpiazzato dal Gen. Truscott. Ma ormai la situazione operativa è compromessa e non più risolvibile in breve tempo. Fino a maggio, le forze contrapposte, in stallo, si fronteggiano senza incidere sul quadro strategico. Occorrerà conquistare Cassino, per sbloccare la situazione - assurda dal punto di vista tattico per gli Alleati - di Anzio, e aprirsi dunque la strada verso la Liberazione di Roma (4 giugno 1944).

 

Di quella gelida alba del ‘44 ciò che resta agli occhi dei contemporanei è il cimitero militare di Nettuno, dove si allineano circa 20.000 lapidi, con la croce o con la stella ebraica.

Oggi questo cimitero è la sola testimonianza del sacrificio di una lunga schiera di giovani, tutti tra i 19 e i 30 anni. Una testimonianza che deve far riflettere se il “contributo” sia stato utile e necessario.