Enrico Mattei e Giorgio La Pira
Enrico Mattei e Giorgio La Pira

Enrico Mattei

 

 

Il 27 ottobre del 1962 l’aereo partito da Catania e diretto a Linate su cui si è imbarcato il presidente dell’Eni, Enrico Mattei, precipita nelle campagne pavesi di Bascapè. Con lui perdono la vita il pilota Irnerio Bertuzzi e il giornalista americano William Mc Hale. 

 

La vita di Enrico Mattei (Acqualagna, 29 aprile 1906 - Bascapè, 27 ottobre 1962): la storia di un’avventura senza confini. Da operaio a dirigente industriale, da partigiano bianco a commesso dello Stato. Dal rilancio dell’Agip alla sfida del metano, dalla scoperta del terzo mondo alla lotta spietata con le “Sette Sorelle” e con i loro amici italiani. Dai rapporti con la Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi alla nascita dell’ENI e del quotidiano “Il Giorno”. 

Enrico Mattei, il corruttore incorruttibile che aveva un “debole”: quello di creare lavoro e di assicurare al lavoro italiano energia a buon mercato.

L’uomo che ha operato contro il cartello petrolifero, contro la destra economica, contro l’immobilismo centrista, donando prospettive e spirito di bandiera all’industria dello Stato.

Un uomo che capiva i tempi e che ha guadagnato all’Italia grandi simpatie sotto tanti cieli, offrendo solidarietà, cooperazione e tecnologia avanzata.

Hanno detto di lui che sia morto al momento giusto: ma giusto per chi? Probabilmente per i suoi nemici, proprio nel momento in cui erano ormai vicine e sicure le grandi prospettive dei viaggi in Algeria e in America.

 

Alle 18,50 del 27 ottobre 1962 dunque il Morane Saulnier dell’ENI, con a bordo Enrico Mattei, si mette in contatto con Linate. È partito alle 16,57 da Catania. Riceve dalla torre di controllo i dati sulle condizioni atmosferiche - temperatura 9 gradi, visibilità 600 metri, pioggia - e alle 18,56 l’OK per l’atterraggio. Alle 18,57 comunica: “Raggiunto 2000 piedi”. Poi non parla più, non risponde più. La torre dà l’allarme: scattano i servizi di emergenza.

La prima notizia arriva per telefono, dopo una ventina di minuti, dal brigadiere dei carabinieri della stazione di Landriano, in provincia di Pavia. “Alcuni contadini ci segnalano che un aereo sarebbe precipitato presso Bascapè”. L’autista, in attesa ai cancelli di Linate, e la segretaria, in attesa nell’ufficio di Metanopoli, affermano che sull’aereo in arrivo da Catania c’è Mattei. In attesa con l’autista c’è anche Ottavio Rapetti, una delle guardie del corpo. Pochi giorni prima, durante una partita di pesca Mattei gli ha detto: “Cosa vieni giù a fare tu? Ci vediamo sabato, a Milano, quando torno da Catania”.

Dall’aeroporto partono le telefonate d’ufficio, per le autorità di Milano e per i pezzi grossi di Roma. Da Milano e da Pavia accorrono tante macchine. Cercano Bascapè, tra rogge, cascine, marcite; e dopo Bascapè, sulla destra di un viottolo, la cascina Albaredo, e infine, a duecento passi dalla cascina, l’aereo, e Mattei.

Acqua dal cielo acqua dappertutto; non si vede dove finisce il margine del viottolo e dove comincia la roggia. Si cerca senza speranza, si trova di tutto. I resti dell’apparecchio sono piantonati dai carabinieri: il recupero dei resti umani e dei rottami è difficile e meticoloso. Si sa che a bordo si trovavano Mattei, a destra, e il pilota, Irnerio Bertuzzi, a sinistra. Alle loro spalle, il giornalista americano William Mc Hale.

Disastro o attentato? C’è chi sostiene la teoria dell’incidente, chi quella dell’assassinio.

Poi i funerali di Stato, con messa solenne a Roma, nella chiesa del Gesù. Fra i primi ad arrivare, dopo l’apertura del portone, Giorgio La Pira - all’epoca sindaco di Firenze - che con Mattei aveva “trattato” alcune questioni sindacali per le fabbriche fiorentine della Nuova Pignone.

 

La Commissione d’Inchiesta, nominata il 28 ottobre dal ministro della Difesa Giulio Andreotti, e presieduta dal generale di brigata aerea Ercole Salvi, conclude i suoi lavori nel marzo del 1963.

La relazione - di ben 46 pagine - rileva “diversi elementi che contrastano l’ipotesi dello scoppio in volo”. L’incidente è attribuito “a perdita di controllo in spirale a destra”. L’ipotesi più attendibile per l’incontrollata spinta a destra è quella della “concomitanza di più fattori di natura tecnica e psicofisica”.

La magistratura di Pavia nel 1966 dichiara chiusa la fase istruttoria con pronuncia di “non luogo a procedere”. Risultano pacifici e incontrovertibili cinque punti: “i due reattori erano perfettamente funzionanti allorché l’aereo cadde in stallo; l’incidente si verificò repentinamente a seguito di una improvvisa spirale a destra del velivolo, sfuggito al controllo del pilota; l’aereo giunse a terra integro in tutte le sue strutture; non si verificò alcuno scoppio in volo; gli aerofreni e il carrello di atterraggio erano ancora retratti”. Pertanto: “mancano elementi che possano condurre ad individuare con un certo grado di probabilità la causa del disastro”.

 

Soltanto nel 2005 una nuova indagine - iniziata nel 1997 - ha dimostrato “la natura dolosa dell’incidente”, a seguito del ritrovamento di “segni di esposizione a esplosione su parti del relitto, sull’anello e sull’orologio di Enrico Mattei”.

Ma a tutt’oggi, dopo 59 anni, la sua morte è ancora avvolta nel mistero.