Ripercorriamo le tappe principali dello straordinario impegno pubblico di Giorgio La Pira (1904-1977). Il ritratto di un uomo di fede che ha vissuto la politica come religione civile. A lui il Terzo Municipio di Roma ha dedicato una via nel quartiere Nuovo Salario.
Giorgio La Pira nasce il 9 gennaio del 1904 a Pozzallo, in Sicilia. Primogenito di una famiglia di umili condizioni, a prezzo di grandi sacrifici riesce a diplomarsi in Ragioneria e poi a laurearsi in Giurisprudenza. Trasferitosi a Firenze con il suo maestro, diventa docente di Diritto Romano.
Tra il 1929 e il 1939 svolge un’intensa attività di studioso che lo mette in contatto con l’Università Cattolica di Milano: entra così in amicizia con figure come padre Gemelli e Giuseppe Lazzati.
Si impegna a fondo nell’Azione Cattolica giovanile e nella pubblicistica cattolica, scrivendo in numerose riviste, tra cui il famoso “Frontespizio”.
Alla vigilia della Seconda guerra mondiale fonda e dirige la rivista “Principi” nella quale - in pieno regime fascista - pone le premesse cristiane per un’autentica democrazia. Il regime ne vieta la pubblicazione. Tra il 15 luglio e l’8 settembre 1943 crea il foglio clandestino “San Marco”. Il 23 settembre sfugge alla polizia segreta che lo cerca per arrestarlo. Raggiunta Roma, nel 1944 tiene all’Ateneo Lateranense - su iniziativa dell’Istituto Cattolico Attività Sociali - un corso di lezioni che riscuote molto successo. L’anno successivo le lezioni vengono pubblicate sotto il titolo “Le premesse della politica”.
Liberata Firenze l’11 agosto 1944, La Pira torna ad insegnare all’Università e collabora al quotidiano del Comitato di Liberazione Nazionale toscano “La nazione del popolo”. Nel frattempo arricchisce il suo pensiero approfondendo la cultura cattolica francese e l’economia anglosassone. Sostiene il diritto universale al lavoro e l’accesso generalizzato alla proprietà. Frutto di questa riflessione sono alcuni noti volumi come “La nostra vocazione sociale: valore della persona umana”.
Nel 1946 viene eletto all’Assemblea Costituente. Nel 1947, insieme a Dossetti, Fanfani e Lazzati, dà vita a “Cronache sociali”, la rivista che meglio ha espresso la presenza cristiana nel difficile processo di rinascita della democrazia in Italia. Alla Costituente svolge un’opera di grande rilievo nella Commissione dei 75, in particolare per la formulazione dei principi fondamentali che dovranno reggere la nuova Repubblica Italiana.
Nel 1948 è nominato sottosegretario al Ministero del Lavoro; nel 1950 scrive in Cronache Sociali il famoso saggio “L’attesa della povera gente”, nel quale dimostra la necessità e la concreta possibilità del lavoro e della casa per tutti.
Nel 1951 interviene presso Stalin in favore della pace in Corea. Il 6 luglio è eletto Sindaco di Firenze (1951-1958; 1961-1965).
La sua opera di sindaco è punteggiata da notevoli realizzazioni amministrative e da straordinarie iniziative di carattere politico e sociale. Sotto la sua amministrazione vengono ricostruiti i ponti Alle Grazie, Vespucci e Santa Trinità, distrutti dalla guerra; viene creato il quartiere-satellite dell’Isolotto; si gettano le basi per il quartiere di Sorgane; si costruiscono, in varie zone della periferia, moltissime case popolari; si riedifica il nuovo Teatro Comunale; si realizza la Centrale del Latte; viene nuovamente pavimentato il Centro Storico.
Con la collaborazione dell’on. Nicola Pistelli, Firenze viene dotata di un numero di scuole tale da ritardare di almeno vent’anni la crisi dell’edilizia scolastica in città. Nello stesso tempo, La Pira conduce una coraggiosa lotta in favore dei lavoratori. Famosa la strenua difesa dell’occupazione per i duemila operai delle officine Pignone, poi della Galileo e della Cure.
Nel 1952 organizza in piena guerra fredda il primo Convegno internazionale per la pace e la civiltà cristiana. Da esso ha inizio un’attività, unica in Occidente, tesa a promuovere contatti vivi, profondi, sistematici tra esponenti politici di tutti i Paesi. Nel 1955 i sindaci delle capitali del mondo siglano a Palazzo Vecchio un patto di amicizia. Nel 1958 hanno luogo a Firenze i Colloqui Mediterranei cui partecipano rappresentanti arabi ed israeliani.
Nel 1959 La Pira, invitato a Mosca, parla addirittura al Soviet Supremo in difesa della distensione e del disarmo. Rivolge anche un ammonimento ai capi del Cremlino: “Come avete rimosso dal Mausoleo al Cremlino il cadavere di Stalin, così dovete liberarvi dal cadavere dell’ateismo. È una ideologia che appartiene al passato ed è ormai irrimediabilmente superata”.
Nel 1965 incontra ad Hanoi Ho ChiMinh con il quale mette a punto una serie di proposte che, se non fossero state osteggiate da esponenti occidentali ostili alla pace, avrebbero anticipato di un decennio la fine della tragica guerra vietnamita.
In parallelo a questi contatti diplomatici, avvengono i gemellaggi di Firenze con Filadelfia, Kiev, Kioto, Fez e Reims; nonché il conferimento della cittadinanza onoraria di Firenze al segretario dell’ONU Thant e al grande architetto Le Corbusier.
Nel capoluogo toscano La Pira promuove il Comitato internazionale per le ricerche spaziali; una tavola rotonda sul disarmo; iniziative tese a mettere in luce il valore e l’importanza del terzo mondo e degli emergenti Stati africani. È ancora lui che, per primo, lancia l’idea dell’Università Europea da istituire a Firenze.
Dal 1966 comincia a ritirarsi dall’attività pubblica, ma continua a mantenere contatti internazionali quale presidente della Federazione mondiale delle città unite. In questa veste, tiene colloqui e conferenze in vari paesi d’Europa, in preparazione alla Conferenza di Helsinki.
Nel 1967 ha colloqui con Nasser in Egitto ed Abba Eban in Israele, per collaborare alla pace tra i due grandi gruppi umani usciti dall’unico progenitore Abramo. Trova un inaspettato interesse per questa impostazione di discorso politico fondato sulla tradizione religiosa.
Nel 1973 a Houston (USA) parla al Convegno internazionale “I progetti per il futuro” e delinea i compiti delle nuove generazioni. Famoso l’inizio del suo discorso: “I giovani sono come le rondini, annunciano la primavera”.
Nel contesto di queste molteplici iniziative svolge un’intensa attività pubblicistica. Scrive a capi di Stato, a personalità di ogni continente, ai monasteri di clausura, ai vecchi e ai bambini di Firenze; tiene discorsi, conversazioni, incontri, soprattutto con giovani, che lo seguono con entusiasmo avvertendo la grande forza della sua fede e la purezza dei suoi ideali. Instancabile proclamatore della profezia di Isaia, ne esalta spesso la sua attualità.
È questo ideale che lo sostiene negli ultimi anni, resi difficili da una grave malattia e da un penoso isolamento. Muore a Firenze il 5 novembre del 1977. È in corso la causa di beatificazione.