Il caso Moro: anatomia di un sequestro. 

 

Protagonista di primo piano della storia politica del Novecento, Aldo Moro (1916-1978) viene ricordato come uno dei più insigni statisti d’Italia. La sua tragica fine ha segnato uno spartiacque nella lotta al terrorismo e negli equilibri politici nazionali. 

 

“Se non fosse stato crudelmente assassinato, lui, non io, parlerebbe oggi da questo seggio a voi”. Così afferma, nobilmente, il nuovo presidente della Repubblica Sandro Pertini domenica 9 luglio 1978, nel discorso pronunciato di fronte alle Camere riunite subito dopo il giuramento. È quello, anzi, il momento in cui dall’assemblea viene il più lungo applauso al presidente Pertini, eletto con così larga maggioranza, la più alta nella storia della Repubblica.

In realtà, il ricordo di Moro è presente in tutti gli avvenimenti che hanno fatto seguito alla sua morte: i referendum e, soprattutto, le lunghe elezioni presidenziali. Se fosse stato vivo, il candidato naturale alla presidenza sarebbe stato lui, si fossero avute o no le dimissioni di Giovanni Leone. Giorni particolarmente tormentati per tutti, anche dopo la morte, ma specialmente per la famiglia: per la signora Eleonora, per i figli Agnese, Anna, Maria Fida e Giovanni, così intensamente coinvolti. Sulla famiglia sono rimasti puntati gli sguardi, spesso indiscreti, di tanti informatori ed anche di politici.

Ripercorriamo dunque le diverse sequenze della vicenda Moro: la guerra psicologica delle Br, le polemiche che si incrociano tra i partiti, gli appelli disperati, l’incubo, la tenue speranza, il sopraggiungere di eventi e diversivi, la scoperta del covo di via Gradoli a Roma, la vana e gigantesca battuta sul lago della Duchessa in Abruzzo, l’irruzione nel covo di via Monte Nevoso a Milano, il ritrovamento del memoriale, gli altri avvenimenti di una tragedia che ha finito per interessare tutto il mondo. Emozione ed anche riflessione per tutti.

Si può riandare, per un approfondimento, ad alcune delle fasi che hanno contrassegnato il dramma, tenendo presente ancora di più il significato dell’opera ideologica e dell’azione politica di Aldo Moro.

Si tenta, ancora una volta, di ricostruire il dramma anche umano di Moro, il leader prigioniero, tenuto “sotto pieno e incontrollato dominio”, come egli stesso ha scritto nella prima delle sue lettere, sia pure così controverse. E perché infine lo hanno ucciso? Qual è la vera logica delle Br?

Forse c’è da pensare che le stesse Br sentono di essere rimaste chiuse in un tunnel senza sbocchi: ma allora perché non colgono una delle molte occasioni offerte, al di là dello scambio dei prigionieri che non può essere la sola via d’uscita?

Su questo terreno si sono svolte le polemiche: se lo Stato, o altre entità, hanno dovuto trattare o, comunque tentare. Certo, è estremamente difficile giudicare. Lo Stato non può trattare. Possono esserci altre vie. Quali?

Comunque, lo Stato, come tale, si è dimostrato impreparato di fronte a simili eventi.

Settimane trascorse senza che il minimo indizio di effettiva consistenza venga alla luce. O, forse, gli inquirenti mettono le mani su qualcosa di importante, ma manca la capacità di una valutazione d’insieme, o una possibilità di valutare gli indizi raccolti, i dati in cui ci si è imbattuti. L’avversario appare spietato e, soprattutto, tecnicamente preparato.

“Una lotta contro ignoti”, afferma Giulio Andreotti alla Camera, il 9 maggio 1978. Da qui un momento, uno sprazzo polemico con i comunisti, e un discorso del presidente della Camera Pietro Ingrao, che insiste affinché si scopra chi è il vero nemico: anche perché - qualcuno lo osserva - non tutti gli elementi del gioco sono ignoti. Ma, in realtà, una grande oscurità grava sull’insidioso avversario, avvolto nel mistero, che ha nelle sue mani la vita di Aldo Moro.

Ma è davvero così sicuro di sé questo avversario, ed è così imprendibile? E quale è il fine dell’operazione? Si dice: la destabilizzazione. Ed è vero, così come è vero che tale risposta non esaurisce il discorso. Tanto più che, per certi aspetti, proprio quel disegno destabilizzante sembra tutt’altro che aver raggiunto lo scopo: il governo ha respinto ogni trattativa e la maggioranza a cinque non è entrata in crisi. Per cui alla destabilizzazione bisogna dare una maggiore specificità. Inoltre, perché quella morte spietata per Moro? È inevitabile, nella “logica” stessa delle Br?

Molti interrogativi ancora privi di risposta.