125 anni fa, Sandro Pertini

 

Sandro Pertini: un uomo schietto e un politico appassionato, dallo stile spontaneo e anticonformista, capace di interpretare meglio di chiunque altro i sentimenti del Paese. Il ritratto del Presidente più amato dagli italiani.

Il III Municipio di Roma gli ha intitolato un tratto del "Viadotto dei Presidenti".  

 

Secondo il giudizio dell’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Il suo settennato si può definire come ricerca, coronata dal successo, di un rapporto più diretto tra le più alte istituzioni della Repubblica e il popolo. Il Quirinale diventò con lui una casa aperta, una casa di tutti. La sua fu una presidenza interventista, nel senso che Pertini fece interventi in vari campi. Una cosa importante fu però che egli non si attribuì mai poteri che non potesse esercitare”. 

 

Nato a Stella, in provincia di Savona, il 25 settembre del 1896, Alessandro Pertini compie i suoi studi presso il collegio dei Salesiani e poi al liceo “Chiabrera” di Savona. Nel 1917 partecipa in prima linea, sul fronte dell’Isonzo, alla Prima guerra mondiale. Nel 1918 si iscrive al PSI.

Dopo la laurea in Giurisprudenza a Genova - in seguito conseguirà una seconda laurea in Scienze Politiche a Firenze -, intraprende la professione forense a Savona. Qui riceve la prima condanna: otto mesi di carcere per la pubblicazione, a sue spese, di un opuscolo dal titolo “Sotto il barbaro dominio fascista”.

Nel 1926 il Tribunale Speciale lo condanna a cinque anni di confino. Sottrattosi alla cattura si rifugia a Milano, dove organizza con Ferruccio Parri e Carlo Rosselli l’espatrio del socialista riformista Filippo Turati. Quindi va in esilio in Francia. Tornato in Italia nel 1929 viene nuovamente arrestato, processato dal tribunale speciale per la difesa dello Stato e condannato a 11 anni di reclusione.

Nel 1931 incontra nel carcere di Turi Antonio Gramsci, al quale si lega con fraterna amicizia, e si adopera molto affinché sul filosofo cessino le atroci vessazioni da parte dei carcerieri.

Da Turi Pertini passa al carcere di Pianosa, dove si ammala molto gravemente. Nel 1933, quando sua madre inoltra una domanda di grazia, egli la rifiuta con questa motivazione: “Non mi associo a simile domanda perché sento che macchierei la mia fede politica che, più di ogni cosa, della mia vita stessa, mi preme”. 

Scontati i primi sette anni di reclusione, viene assegnato per otto anni al confino.

Nella sua prima destinazione, Ponza, incontra molti comunisti: Umberto Terracini, Pietro Secchia, Camilla Ravera, Giorgio Amendola e altri. Da Ponza viene poi trasferito a Ventotene.

Torna libero nell’agosto del 1943 ed entra a far parte del primo esecutivo del Partito Socialista. Catturato dalle SS viene condannato a morte, ma nel 1944 riesce ad evadere dal carcere insieme a Giuseppe Saragat: raggiunge dunque Milano, dove assume la carica di segretario del Partito Socialista nei territori occupati dal Tedeschi e dirige la lotta partigiana.

È uno dei capi della sollevazione popolare del 25 aprile 1945. Il 26 aprile partecipa a un comizio in Piazza Duomo; nello stesso momento suo fratello Eugenio muore nel campo di concentramento di Flossemburg. Poco dopo Pertini parla da Radio Milano libera e annuncia la fine della guerra.
Risale a questo periodo l’incontro con Carla Voltolina, staffetta partigiana, che sposa nel giugno del 1946.

Nel 1945 viene eletto Segretario del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, e deputato all’Assemblea Costituente. Dal 1945 al 1946 è Direttore de “L’Avanti”, nel 1948 è Senatore della Repubblica.

Dopo vent’anni di intensa attività politica nel partito e in Parlamento - di cui è ininterrottamente membro per sei legislature - viene eletto Presidente della Camera nel 1968 e nel 1972.

L’8 luglio 1978, al 16° scrutinio, con 832 voti favorevoli su 995 votanti, Sandro Pertini viene eletto al Quirinale: è il VII Presidente dell’Italia repubblicana.

Si rivela immediatamente un Presidente innovativo, che cambia lo stile del Quirinale mostrandosi tuttavia in ogni occasione rispettosissimo delle procedure; un Presidente poco “protocollare”, nel rapporto con la stampa così come in quello con i capi di Stato stranieri.  

Come ha scritto il giornalista Marzio Breda: “Pertini arrivò al Quirinale e portò una collezione di pipe e una ventata di aria fresca”.

Dopo la fine del suo settennato - 29 giugno 1985 - è eletto senatore a vita.

Muore a Roma il 24 febbraio del 1990

Viadotto dei Presidenti
Viadotto dei Presidenti