Costume e Società 

 

“la Repubblica”: storia di un quotidiano. 

 

Era il 14 gennaio del 1976 quando, nell'Italia degli anni di piombo, arrivava in edicola il quotidiano “la Repubblica”, che fin dal primo numero si propone di far riflettere sui fatti, più che raccontarli.

La sua natura innovatrice, nel formato e nel linguaggio, lo ha portato a scrivere una pagina importante del giornalismo italiano, di cui è ancora oggi tra le voci più autorevoli. 

Ripercorriamone dunque insieme la lunga avventura editoriale.

 

Quando nacque, "la Repubblica" era vicina alla linea politica di Pietro Nenni ed Ernesto De Martino e del settimanale di informazione culturale "il Mondo", fondato nel '49 da Mario Pannunzio con l'obiettivo di realizzare una "terza forza liberale, democratica e laica", capace di inserirsi come alternativa ai due grandi blocchi, quello marxista e quello democristiano, nati in Italia dalle elezioni del 1948.

 

Per lanciare il giornale Scalfari rilasciò un’intervista in cui affermò che la nuova testata si proponeva come alternativa delle 'versioni ufficiali' dei fatti, proprio perché molte di queste, ormai, avevano perso una parte fondamentale di credibilità. La campagna pubblicitaria quindi fu impostata su una serie di aut-aut: «O credete ai bilanci aziendali o credete a 'la Repubblica'», «O credete alle versioni ufficiali o credete a 'la Repubblica'», «O credete alla televisione o credete a 'la Repubblica'».

 

L’idea di fondare 'la Repubblica' venne a Carlo Caracciolo e Eugenio Scalfari quando i Rizzoli decisero di rilanciare “il Mondo” come primo settimanale economico italiano. Caracciolo e Scalfari, azionisti di maggioranza de 'L'espresso' si sentirono infatti minacciati dal possibile successo de “il Mondo” e decisero così di sfidare i Rizzoli anche sul terreno dei quotidiani. Questi, nel corso degli anni, erano rimasti pressoché immutati e quindi sobri, formali e in linea con uno spirito politico moderatamente conservatore. La scelta fu quella di fare de 'la Repubblica' un quotidiano che avesse in sé lo spirito moderno proprio dei settimanali che, tra gli anni '50 e '60, erano diventati “il grande laboratorio” del linguaggio giornalistico italiano con la loro narrazione leggera e romanzata, e con la commistione di letteratura e giornalismo in senso stretto.

 

Piero Ottone, che nel '76 dirigeva ancora il 'Corriere della Sera', ricordava che in redazione non erano preoccupati dell'avvento di questo nuovo quotidiano, perché fare un giornale nuovo era molto difficile, così come era difficile riuscire a spostare i lettori. Ma 'la Repubblica' portava in seno una serie di cambiamenti destinati a 'fare scuola'. Ad esempio adottò, per la prima volta in Italia, il formato piccolo, simile a quello francese de 'le Monde' e ai tabloid inglesi della working class: più leggibile, maneggiabile ed 'essenziale' per il risparmio della carta.

 

Fu inoltre lungimirante l'aver intuito l"importanza dei titoli: essendo questi ad attirare l'attenzione dei lettori, era importante creare prima di tutto una suggestione dell’immagine complessiva del titolo e poi curarne la funzione di “informatore”. Il titolo così si trasforma sia nel formato sia nel lessico. Vengono infatti adottati i più 'carini' caratteri bodoniani, ovvero i caratteri con le 'grazie' che, a differenza di quelli bastoni utilizzati dagli altri quotidiani, necessitano di un formato più grande per catturare l'attenzione. E da questa innovazione ne deriva un'altra: poiché i titoli sono più grandi, la lunghezza massima è di venti battute e quindi, anche per questo motivo, nasce l'esigenza del gioco di parole, del titolo 'battente' e d"impatto. Scalfari, inoltre, impose di creare titoli che avessero una loro metrica, ossia che fossero recitabili, cantabili.

 

Un altro elemento distintivo è la vignetta, collocata inizialmente nella pagina dei commenti e ben presto poi anche in prima pagina. Il primo vignettista fu Forattini. Il suo stile si caratterizzava per la mancanza di scritte o fumetti: la vignetta infatti, di regola, doveva 'parlare da sola'.

 

Scalfari ricorda che: “Nel '77, quando Montanelli fu ferito da una pistolettata alla gamba, Forattini fece una vignetta in cui ero ritratto io che, con un'aria disperata, mi autoferivo a una gamba, per dire che mi rincresceva che la ferita di Montanelli facesse notizia a favore del Corriere della Sera!”.

 

La scelta del nome della testata, invece, nasceva dalla volontà di fare un giornale nazionale, e poiché esistevano già 'Paese Sera' e 'La Nazione', la scelta cadde su 'la Repubblica'. In quegli anni inoltre, durante la Rivoluzione dei Garofani che portò alla liberazione del Portogallo dalla dittatura di António de Oliveira Salazar, la sede del giornale portoghese 'la Repubblica' fu invasa perché considerata troppo conservatrice rispetto alla rivoluzione in corso. L'omonimo giornale italiano, di contro, sarebbe stato moderno, progressista e laico.

 

I primi veri successi di vendita arrivano nel '78, proprio quando Piero Ottone lascia la guida del 'Corriere della Sera' per diventare una delle grandi firme de 'la Repubblica'. Il pareggio in bilancio insieme a una tiratura di 180.000 copie arriverà nel '79; da allora i due giornali, entrambi contraddistinti per la loro libertà rispetto al potere politico, si contenderanno il primato tra i quotidiani italiani. Il successo del giornale di Scalfari, inoltre, è attribuibile anche al fatto di aver attirato molti lettori democratici di sinistra e comunisti con una posizione di assoluta fermezza nei confronti del terrorismo italiano.

 

Dopo i primi successi, negli anni '80, arrivano anche le prime strategie di vendita: è la volta dei supplementi. In realtà Scalfari aveva già cercato negli anni '60 di fare una rubrica economica (grazie anche alla sua esperienza maturata nell’inserto 'L'espresso - Economia & Finanza'), ma in televisione. L'esperienza però durò poco: gli autori infatti gli rimproveravano di fare affermazioni eccessivamente 'chiare' e quando, in seguito a una forte crisi economica del Paese, gli imposero di utilizzare l'espressione 'circuito distributivo' invece che 'commercianti' per indicare i responsabili dell'aumento dei prezzi decise di lasciare il programma. E così nell'86 tenta nuovamente l"impresa, ma questa volta sulla carta stampata, lanciando il primo supplemento"Affari & Finanza". Nell'87 invece uscirà “Il Venerdì”.

 

Nel '96 Ezio Mauro prende il timone della direzione del giornale. È proprio lui a raccontarne la giornata-tipo: si comincia con la lettura dei giornali, le telefonate ai colleghi, la consultazione degli editorialisti e dei commentatori. Poi, tra le 10:30 e le 11, si inizia la riunione plenaria del mattino, introdotta da Scalfari, in cui si esamina il giornale dalla prima all'ultima pagina, discutendolo apertamente. Alla fine della mattina i capiredattori tracciano finalmente un primo disegno di quello che sarà il giornale il giorno dopo e poi lo presentano a Mauro a fine mattinata. Quindi nel tardo pomeriggio i capiredattori e il direttore fanno una riunione di due ore in cui viene disegnata una nuova struttura e si sceglie la prima pagina. L'ultimo tassello riguarda la scelta dei titoli e l"impaginazione in base agli articoli arrivati in redazione. Il direttore lascia la redazione intorno alle 22:30.

 

Secondo Mauro 'la Repubblica' è diventata adulta ed è cresciuta: «Perché ha scelto d"istinto, sempre, dal primo giorno fino all'ultimo, di stare con le istituzioni. Anche quando alcuni intellettuali come Sciascia dicevano che lo Stato è un guscio vuoto, questo giornale ha sempre saputo che se anche il suo giudizio sullo Stato poteva coincidere con il giudizio di Sciascia, tuttavia quel guscio andava difeso perché se salta il guscio, oltre al guscio, che cosa resta. Ne vanno di mezzo le istituzioni del nostro Paese. Quelle istituzioni sono state difese, prima di tutto dalle forze politiche più consapevoli e poi anche dai giornali più consapevoli».

 

Gli inserti, nel corso degli anni, sono aumentati: nel '95 arrivano in edicola 'Musica, rock & altro!' e 'Salute', nel '96 'D-la Repubblica delle Donne'.

 

Sempre nel '96 viene lanciato in via sperimentale, in occasione delle elezioni politiche, il sito web 'Repubblica.it': si tratta del primo sito editoriale con redazione e contenuti propri rispetto al quotidiano di riferimento. Il sito sarà online 24 ore su 24 dal gennaio del '97 diventando il più visitato d'Italia. «La scelta di aumentare gli inserti - ha affermato Mauro - deriva dalla voglia giornalistica di andare a esplorare nuovi orizzonti e ambiti (legati alle necessità dei nostri lettori), da una parte, e a una necessità di mercato, anche pubblicitario, dall'altra». Per le stesse ragioni, negli ultimi anni, è nato il fenomeno dei libri venduti in edicola con il giornale.

 

Nel 2004 è stata portata a termine l'operazione 'full colour': se dal '95, infatti, il colore era una prerogativa solo della prima pagina e della pubblicità, ora questo viene utilizzato per tutte le pagine del quotidiano. E sempre nel nuovo millennio è nato 'XL', il primo mensile italiano legato a un quotidiano.

 

Per Mauro l'obiettivo da perseguire nel tempo è stato quello  fare di 'la Repubblica' una piattaforma centrale intorno alla quale far girare tv, radio, inserti e web. Non a caso è stato dato il via a una serie di iniziative come la nascita di 'Repubblica Radio Tv'. Per Mauro, infatti, la televisione non è un nemico: «Alle volte arriva prima, altre no. E il giornale può essere una porta laterale, una prospettiva complementare che illumina il lato oscuro degli avvenimenti».

 

Dal 2016 ad oggi - 2022 - le redini de “la Repubblica” sono passate nelle mani di tre Direttori, nell'ordine: Mario Calabresi, Carlo Verdelli e - attualmente - Maurizio Molinari.