Monica Vitti

 

 

 

Il ritratto di una “diva ironica” 

 

 

 

 

 

 

Maria Luisa Ceciarelli, in arte Monica Vitti, nasce a Roma il 3 novembre del 1931.

Studentessa presso l’Accademia d’Arte Drammatica esordisce in teatro nel 1953, dando prova delle sue brillanti capacità affrontando Shakespeare e Moliére: poi la televisione.

Commediante versatile, a partire dal 1955 passa dai ruoli comico-brillanti (“Ridere, ridere, Ridere”) a quelli drammatici o, comunque, meno estemporanei e più complessi. Anche sulle scene viene diretta prima da Mario Amendola in “Le dritte” (1958) e poi da Michelangelo Antonioni, di cui è stata dal 1959 musa ispiratrice oltre che interprete e compagna per alcuni anni, ( “Io sono una macchina fotografica di J. Van Druten, “Ricorda con rabbia” di J. Osborne). Nel 1958 si cimenta in  “I capricci di Marianna” di Alfred De Musset, e nel 1964 interpreta “Dopo la caduta” di Arthur Miller.

Tra le performances televisive è da ricordare, su tutte, quella nelle “Notti bianche” di Dostoevskij (di Vittorio Cottafavi, 1962). Ma è il cinema a darle notorietà internazionale con la trilogia di Antonioni, “L’avventura” (1959), “La notte” (1960), “L’eclisse” (1962), conclusa da “Deserto rosso” (1964), in cui trasmette quattro diverse immagini dell’inquietudine e della nevrosi al femminile, in un’analisi di isolamento e decadenza morale della società borghese dell’epoca priva di qualsiasi speranza.

Attrice intensa, sensuale, realmente problematica, scontrosamente eclettica, interprete eccezionale dell’angoscia e del vuoto esistenziale, Monica Vitti preferisce poi la commedia all’italiana, fino ad allora genere monopolizzato dagli uomini, insistendo però nella recitazione con una sfumatura di grottesco, ottenendo grande successo di pubblico. Da “La ragazza con la pistola”, 1968, di Mario Monicelli, nomination all’Oscar come miglior film straniero, a “Dramma della gelosia, tutti i particolari in cronaca”, 1970, di Ettore Scola; da “Polvere di stelle”, 1974, con Alberto Sordi, toccante rievocazione del mondo dell’avanspettacolo, a “L’anatra all’arancia”, 1975, di Luciano Salce, con Ugo Tognazzi, adattamento della commedia omonima di Home e Sauvajon, a “Io so che tu sai che io so”, 1982, diretto e interpretato da Alberto Sordi.

Fanno eccezione le parentesi con Jancsó in Italia ( “La pacifista”, 1971), con Buñuel in Francia ( “Il fantasma della libertà”, 1974) e anche la “Tosca” (1973) di Luigi Magni, senza contare il ritorno con Antonioni ne “Il mistero di Oberwald” (1980).

Nel 1984 si aggiudica il premio per la miglior interpretazione femminile al Festival di Berlino con “Flirt”, opera prima di Roberto Russo, da lei anche sceneggiata: dello stesso regista è anche “Francesca è mia” (1986).

In seguito la Vitti varia ed amplia la propria attività, lavorando in teatro ( “La strana coppia”, 1987; “Prima pagina”, 1988) e in televisione.

Nel 1990 scrive, dirige e interpreta il film “Scandalo segreto”, Globo d’oro come regista e come interprete.

 

Nel 1995, alla Mostra del Cinema di Venezia, le è stato assegnato il “Leone d’oro” alla carriera. Dal 2000 non è più apparsa pubblicamente. Affetta da una patologia simile all’Alzheimer, la grande attrice infatti si è ritirata a vita privata da circa 20 anni.

Il ricordo di questa intramontabile icona del cinema italiano, tuttavia, non sembra essersi per nulla affievolito. 

 

Cinecittà le ha recentemente dedicato una mostra fotografica e multimediale presso il teatro dei dioscuri al quirinale.