I nodi della società contemporanea: le unioni civili.

 

 

 

 

Da molti anni ormai nei paesi occidentali il numero di persone che si sposano si sta drasticamente riducendo. Questo mutamento è iniziato quasi cinquant’anni fa in Svezia e in Norvegia, e si è diffuso in seguito prima nell’Europa centrale e poi in quella meridionale.

Secondo i dati dell’ISTAT, nel nostro paese vi sono oltre 500 mila famiglie di fatto - le cosiddette convivenze more uxorio o unioni civili o unioni libere, come vengono anche chiamate -. E si tratta probabilmente di una cifra inferiore a quella reale. Inoltre in Italia sono forse diffuse più che altrove le convivenze mascherate: cioè quelle in cui due persone di sesso diverso mantengono due abitazioni separate, ma passano insieme gran parte del tempo libero, sia di giorno che di notte. Ma anche tenendo conto di tutto questo, è indubbio che in Italia le famiglie senza matrimonio siano ancora oggi meno frequenti che in altri paesi occidentali.

Già all’inizio degli anni Ottanta queste famiglie erano oltre un milione nella Germania occidentale. Alla fine di quel decennio esse erano circa un milione e mezzo in Francia e quasi due milioni e mezzo negli Stati Uniti.

Oltre ad essere meno diffuse, le convivenze more uxorio del nostro paese sono anche parzialmente diverse da quelle degli altri paesi occidentali.

In Francia, in Germania o negli Stati Uniti, esse sono in genere formate da giovani adulti, appena usciti dalla famiglia di origine o, comunque, non ancora sposati. In Italia, invece, esse sono più frequentemente costituite da persone di 40 o 50 anni, separate legalmente o di fatto. Tuttavia, per quanto meno rigida che in altri paesi, la tendenza alla diffusione delle famiglie more uxorio è in pieno sviluppo anche in Italia.

Lo si ricava dall’andamento di vari indicatori. In primis, negli ultimi trent’anni è aumentata la quota dei matrimoni preceduti da una convivenza. In secundis, è cresciuta la percentuale delle persone che prima di sposarsi convivono con il partner almeno durante il fine settimana o nei periodi di vacanza. In terzo luogo, è salita la quota dei figli naturali, nati fuori del matrimonio. In quarto luogo, le convivenze more uxorio sono maggiormente diffuse negli strati più dinamici della  popolazione: tipicamente, fra i laureati dei grandi centri urbani delle regioni settentrionali. In quinto luogo, vi sono stati importanti cambiamenti nel costume: oltre l’80% dei giovani italiani ritiene che sia “ammissibile” vivere insieme senza essere sposati.

Infine sono profondamente mutate le norme giuridiche. Anche in Italia infatti, come negli altri paesi occidentali, è in corso da anni una tendenza all’equiparazione fra “famiglia naturale” e “famiglia legittima”.

Questo è avvenuto in particolare riguardo alle relazioni fra genitori e figli. La riforma dei Diritto di famiglia del 1975 ha stabilito che i figli naturali riconosciuti hanno gli stessi diritti di quelli legittimi non solo per il mantenimento e l’educazione, ma anche rispetto all’eredità dei genitori. Ma si è verificato anche nel settore fiscale o in quello della sicurezza sociale. Così, ad esempio, già dal 1958 il regolamento della legge sull’anagrafe stabilisce che per famiglia debba intendersi quell’insieme di persone legate non solo da vincoli di matrimonio, di parentela, di affinità, adozione e affiliazione, ma anche semplicemente da “vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune”.

Restano invece importanti differenze tra le famiglie di fatto e quelle di diritto riguardo ai rapporti patrimoniali e ai problemi che sorgono al momento della scissione, cosicché il partner più debole - di solito la donna - è meno tutelato quando non vi è stato un matrimonio.

 

I motivi che conducono in Italia a formare una famiglia di fatto sono molteplici.

Negli strati più poveri della popolazione meridionale si ricorre ancora oggi, come un tempo, a brevi periodi di convivenza prematrimoniale per vincere l’opposizione dei genitori, o più semplicemente per ridurre le spese di celebrazione delle nozze.

Alcune donne divorziate o vedove convivono con un uomo per motivi di convenienza economica, perché se lo sposassero perderebbero il diritto all’assegno di mantenimento o alla pensione di reversibilità.

Alcuni uomini e alcune donne separati legalmente o di fatto convivono per alcuni anni in attesa della sentenza di divorzio, che permette loro di risposarsi.

Vi sono infine, fra i giovani, coloro che formano delle famiglie di fatto o perché rifiutano di sposarsi per motivi ideologici o invece perché, preoccupati dal crescente numero di separazioni e di divorzi, considerano la convivenza more uxorio come una forma di “matrimonio di prova”, o perché - è il caso delle donne con alti livelli di istruzione e forti aspirazioni di carriera - in questo tipo di famiglia è più facile rinegoziare diritti e doveri con il partner con cui si abita, spingerlo a contribuire allo svolgimento del lavoro domestico, ottenere degli spazi per la propria attività professionale.               

 

Quello appena descritto è tuttavia un “quadro in rapida e continua trasformazione”. Come noto infatti l’argomento “unioni civili” è in questo periodo sotto la lente dell’opinione pubblica e all’ordine del giorno dell’agenda politica italiana. Si attendono pertanto imminenti sviluppi, modifiche e provvedimenti di carattere legislativo, riguardanti in particolar modo lo spinoso capitolo delle adozioni.                                                                                                       

12/05/2016