“Frate Mitra”: il romanzo della vita di un contestatore. 

 

 

Silvano Girotto, alias padre Leone: l’affascinante vita di un torinese di buona famiglia. Da padre francescano a missionario in Bolivia, da guerrigliero dei MIR a infiltrato nelle BR. Nel settembre del 1974 grazie a “Frate Mitra” vengono arrestati Renato Curcio e Alberto Franceschini, i capi storici dell'organizzazione terroristica. Ed è lui il testimone chiave al maxiprocesso del 1978. 

 

"Seguite la vostra coscienza, se pensate che fare una cosa sia giusto, fatela". Così Silvano Girotto, che noto negli anni Settanta come “Frate Mitra”, oggi, a 78 anni non si smentisce. Dopo una vita incredibile, tanti misteri e una vecchiaia che passa insieme alla moglie in una missione ad Adua, in Etiopia, per aiutare la sorella Laura, Superiora delle Suore Salesiane.

Ma chi è veramente Silvano Girotto?

Nato a Caselle Torinese il 4 aprile 1939, Girotto è senz’altro un personaggio “romanzesco”. Cresce nel quartiere più operaio di Torino, Mirafiori. Lì commette i primi errori e a 14 anni finisce al riformatorio. A 17, per paura del papà carabiniere, fugge dalla Questura di Torino saltando da una finestra e si arruola nella Legione Straniera. Poi il diluvio. Fuga dalla Legione, processo a Orano, in Algeria, per tradimento; da disertore della Legione a rapinatore in Piemonte, cinque anni di carcere. E a seguire: capo della rivolta del 1961 dei detenuti delle carceri di Torino, novizio francescano nel 1964, ambasciatore di pace nelle stesse carceri torinesi nel 1969, anno in cui viene ordinato prete.

Dopo altre disavventure finisce in Bolivia al fianco dei “campesinos” come missionario; dopo essersi tolto il saio, aderisce al Movimento di Sinistra Rivoluzionaria dei MIR (Movimento Ischierda Rivoluzionaria). In realtà viene espulso dall’ordine francescano italiano a causa di uno scatto fotografico, da cui deriva l’appellativo di “Frate Mitra”, che lo ritrae con il saio mentre imbraccia un mitra. In Bolivia infatti spara e lancia granate contro i militari che hanno preso il potere nel 1971, e si innamora di una guerrigliera boliviana, Carmen, che sposa in Italia nel ’74, e con la quale ha due figlie. A farlo finire sui libri di Storia è però il suo ruolo decisivo nella cattura di Renato Curcio e Alberto Franceschini a Pinerolo, l'8 settembre 1974.

“Ero tornato dalla Bolivia - racconta - e i carabinieri si misero in contatto con mia madre e poi vennero a casa mia, e mi dissero: “Non sappiamo dove sbattere la testa con le BR, ci aiuterebbe?”. E dissi di sì”.

Così comincia il mese forse più importante di “Frate Mitra”. Uomo dai molti agganci e dalle variegate conoscenze, attraverso pochi passaggi Girotto arriva a Renato Curcio e al terzo incontro lo fa arrestare dai Nuclei Speciali del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, dei quali è un informatore prezioso. 

“Bisogna essere come formiche in formicaio e non farsi notare, così non mi troveranno mai” - ricorda - e aggiunge tutto d'un fiato - “… che poi il mito dell'intelligence delle BR è fasullo, leggevano i giornali e basta. Io ho sempre avuto il nome sul campanello, e nessuno mi ha mai minacciato, anche perché forse sapevano che avevo un mitra sotto il sedile”.

Sul perché Girotto si è alleato con i carabinieri nessun mistero, almeno a sentire lui: “Avevo capito che le Brigate Rosse avrebbero dato vita a una strage soprattutto tra i giovani, e ho fatto tutto quello che potevo per fermarli, purtroppo non ci sono riuscito, ma sono stato a un passo dal fermare gli anni di piombo”.

“Io ho solo cercato di essere coerente” - aggiunge Girotto - che si dice contento della sua vita. “Se ritorno a quegli anni soffro con deferenza per chi è morto”. “Io ho cercato di evitare quella tragedia” - spiega ancora - e sull'Italia di oggi è caustico: “Siamo in una situazione che mi rattrista immensamente, speriamo finisca presto - conclude l'ex “Frate Mitra” - “… ho molta speranza nei giovani, che oggi vivono una situazione più difficile della nostra. Speriamo trovino il modo di farsi sentire”.