“Nannarella”: ritratto di Anna Magnani. 

 

La vita dell’immensa Anna Magnani (1908-1973): attrice simbolo del dopoguerra e del neorealismo italiano. A lei è intitolato il plesso scolastico di Via Val Maggia, nel quartiere Le Valli - Conca d'Oro del III Municipio di Roma.

La ricordiamo a 110 anni dalla nascita.  

 

La Redazione 

 

Anna bambina

 

Anna, come molti grandi dello spettacolo, tra cui Totò e Charlie Chaplin, è figlia di ragazza madre, Marina Magnani, che le dà il suo cognome. Cognome che a sua volta Anna darà al suo unico figlio, Luca.

Dopo la nascita - a Roma, il 7 marzo del 1908 - e lo svezzamento di Anna, Marina Magnani appena ritrovato il suo aspetto di un tempo si dà a un nuovo amore, questa volta con la prospettiva di una sistemazione lontana dalla famiglia: si trasferisce ad Alessandria d'Egitto dove sposa un uomo austriaco molto facoltoso. Da qui nasce la leggenda per cui Anna fosse egiziana: all'inizio lei stessa ci gioca, ma con il tempo inizia a sentire la necessità di rivendicare le sue origini: “Sono romana, di Porta Pia”, dice caparbiamente, ormai adulta.

Anna scrive lettere affettuose alla mamma e attende il giorno che verrà a prenderla, ma questo non accade e Anna vivrà con lei solamente per un anno quando si recherà a trovarla ad Alessandria d'Egitto, durante gli anni del liceo. Questa esperienza la fa soffrire ancora di più, perché si rende conto che la mamma non la ama e che ormai non può più farci nulla. Cresce quindi con la nonna materna in una casa abitata tutta da donne, ovvero le sue cinque zie: Dora, Maria, Rina, Olga e Italia, fatta eccezione per suo zio Romano che le farà anche un pò da padre.

Anna sta sempre con la nonna, una donna minuta con la quale si diverte a cantare, almeno fino a quando per il volere di sua madre, tornata brevemente dopo la Prima guerra mondiale, viene mandata in un collegio di suore, lontana dagli affetti della famiglia. Ma ci rimane solamente per qualche mese.

Per scoprire le sue origini da ragazza fa delle ricerche sull'identità del padre, ma quando scopre che è calabrese e che di cognome fa Del Duce le abbandona: “Mica volevo passa' pe' la figlia del Duce!”, dirà con la sua solita grande ironia.

 

Si innamora del teatro

 

Fin da bambina Anna impara a suonare il pianoforte e così dopo qualche mese passato in collegio si iscrive al conservatorio dell'Accademia di Santa Cecilia. Ma un giorno il suo mondo noioso fatto di solfeggi e ripetizioni viene disturbato dal chiasso giocoso di alcuni ragazzi della scuola di recitazione Eleonora Duse.

Proprio perché Anna ha vissuto fino ai 16 anni in un mondo di donne sole e indipendenti che hanno sempre lavorato, vuole lavorare - e quindi avere indipendenza - e trovare un marito che le dia stabilità. Ciò che più la porta ad agire è la ricerca di una rivincita su sua madre e sul patrigno.

Una mattina del 1927 quindi si reca davanti alla porta della scuola Eleonora Duse - che nel 1935 viene trasformata in Accademia Nazionale d'Arte Drammatica - diretta da Silvio D'Amico.

Anna quindi, nonostante il volere della nonna che desidera vederla continuare gli studi tradizionali, ha deciso di fare l'attrice. Fin da subito tutti le dicono che è molto brava e al saggio del secondo anno, dove recita una commedia di Giovanni Verga, viene notata da Dario Niccodemi, autore di drammi popolari di grande successo, che le propone di entrare nella sua compagnia Vergara-Cimara. Anna accetta anche se sa che dovrà lasciare la scuola, la città e soprattutto la nonna, per piccole parti in giro per le città d'Italia, senza gloria e con tante umiliazioni.

È la nonna ad accompagnarla al treno per la partenza: “Mi accompagnò fino al treno, dal finestrino guardavo il suo viso piccolo, i suoi capelli raccolti sotto al cappellino così belli e in quel momento capii che non l'avrei più rivista. Mia nonna morì sei mesi dopo. E da quel momento ebbi il coraggio di ribellarmi, di far uscire da me stessa ciò che era rimasto sempre nascosto, di gridare quando ne avevo il bisogno e di tacere quando ne avevo voglia. Sì quel giorno era nata la Magnani.

Con la morte della nonna quindi comincia da affermarsi il carattere della Magnani: franco, schietto, caparbio e allo stesso tempo dolce e fragile.

Anna inizia a girare di città in città, tra pubblici diversi, spesso per dire una sola battuta. Per imparare spia da dietro le quinte le grandi attrici, ma con il passare dei mesi le sue parti si fanno sempre più consistenti. Il talento e il carattere irriverente e deciso, dopo le prime delusioni, emerge; non ha più la timidezza della principiante e il suo nome nelle locandine è sempre più evidente.

Ma quelle compagnie che mettono in scena spettacoli classici e privi di verve iniziano ad annoiarla.

In Italia nel frattempo il cinema sonoro sta spopolando e portando via pubblico al teatro. Nasce così un genere tutto italiano l'avanspettacolo, una rivista in 50 minuti che va in scena nei teatri-cinema prima della proiezione del film. Anna sente il bisogno di affrontare quel tipo di pubblico, sboccato, volubile, una vera fossa dei leoni per un attore e ancora di più per un'attrice.

Per l'avanspettacolo ci sono passati tutti i grandi comici e Anna decide di andarci nel 1934 con i fratelli De Rege, antesignani della comicità demenziale del “Vieni avanti cretino”, non come subrette (ruolo che ha sempre rifiutato) ma come attrice comica e come cantante. È su questi palcoscenici che nasce “Nannarella”.

 

Gli esordi nel cinema

 

Prima dell'approdo alla rivista, Anna era stata scritturata da Antonio Ganduso per lavorare con il suo compagno di studi Paolo Stoppa. In questo periodo il capocomico si innamora di lei e, conscio delle sue qualità, le consiglia di tentare la strada del cinema. Cosa che Anna farà, partecipando con piccole parti ad alcuni film.

Durante il fascismo accanto ai film celebrativi vengono prodotti anche film romantici e sentimentali, commedie in cui le immagini femminili sono rappresentate da figure fragili e ingenue, bambole senza cervello che pensano solo a coronare i loro semplici sogni d'amore. Ma la Magnani non aderisce a questi personaggi esangui e falsi; è considerata non fotogenica e quindi riveste solo ruoli marginali. Intanto ha bisogno di un nome esotico che le dia un tono: mette quindi in risalto le sue origini egiziane, che in seguito però smentirà con forza.

La prima parte importante la ottiene nel 1934 con “La cieca di Sorrento” di Nunzio Malasomma, in cui ha il ruolo di una donna perduta ma generosa. La recitazione è sciolta anche se un po' snaturata.

Vengono poi altri film sempre con ruoli di caratterista dove ha la possibilità di divertirsi ed esprimersi ma che la lasciano sempre un pò ai margini, tranne che in “Tempo massimo”, film d'esordio di Mario Mattoli, con Vittorio De Sica, dove la Magnani fa la servetta mitomane che crede di essere amata dal suo padrone.

 

Il primo amore

 

Per Anna il grande amore arriva proprio in questo periodo, quando conosce il regista Goffredo Alessandrini che, dopo due anni a Hollywood dove aveva diretto i doppiaggi in italiano dei film americani, ha fatto il suo primo film, “La segretaria privata” che ha riscosso un grande successo. Alessandrini dopo qualche mese di convivenza chiede alla Magnani di sposarlo. Il 3 ottobre del 1945, giorno del matrimonio, Alessandrini è costretto a tornare a casa perché aveva dimenticato le fedi, lei è trepidante e sospettosa, ma quando Goffredo torna fa un sospiro di sollievo, oltre che di gioia. Finalmente possono partire in viaggio di nozze nell'immancabile Venezia.

La Magnani crede fortemente a questa unione a cui si dedica con tutta la sua forza, trascurando anche la sua professione; ma tutta Roma comincia ben presto a parlare delle loro liti causate dalla gelosia di Anna dovuta alla sua possessività e al fatto che Goffredo considera il rapporto matrimoniale in modo un pò superficiale; è un regista di successo elegante e raffinato che risponde volentieri alle mire di attrici giovani e belle che cercano popolarità. La Magnani, nonostante i tradimenti, difende il matrimonio con le unghie e i denti, ma diventa sempre più consapevole che tutta la loro magia sta svanendo.

 

L'incontro con Totò e Fabrizi

 

Intanto interpreta numerosi film nella parte della cameriera o della cantante: si accorgeranno di lei solamente quando le sorti della guerra cominceranno a far vacillare l'ottimismo degli italiani e il cosiddetto cinema dei telefoni bianchi entrerà in crisi, lasciando spazio a film più maturi e popolareschi che iniziano a far intravedere qualcosa del cinema che verrà.

È Vittorio De Sica a offrirle per la prima volta nel 1941 la possibilità di rappresentare un personaggio non secondario, quello di Loretta Prima, artista di varietà, nel film “Teresa Venerdì”. Un vero ruolo da protagonista invece lo ottiene nel '43 in “Campo de' fiori” di Mario Bonnard, dove recita al fianco del grande Aldo Fabrizi, anche lui romano e dotato di uno stile comico e schietto. Aldo Fabrizi interpreta un pescivendolo romano, semplice e genuino che ha un suo chiosco a Campo de' fiori, mercato storico romano, mentre la Magnani fa la fruttivendola dal carattere buono e verace di cui il pescivendolo si innamora. 

È in questa fase che avviene anche l'incontro con Totò con cui dà vita a uno dei più grandi sodalizi del teatro italiano. I due hanno molte cose in comune tra cui il fatto di non aver conosciuto il padre e di aver avuto un'infanzia difficile: entrambi quindi sono animati da un forte desiderio di riscatto. A mettere insieme queste due grandi maschere popolari è Michele Galdieri, che dal 1940 al 1944 propone al pubblico quattro riviste: “Quando meno te l'aspetti'”, “Volumineide”, “Che ti sei messo in testa?” e “Con un palmo di naso”. La Magnani riesce sempre a stare al passo del genio di Totò con ruoli memorabili come quello della fioraia del Pincio.

 

Un nuovo amore e la maternità

 

Nel 1940, quando il matrimonio con Alessandrini volge irrimediabilmente al termine, Anna conosce Massimo Serato e se ne innamora. È giovanissimo - ha 9 anni meno di lei - bello e contesissimo dalle donne. La Magnani vede in lui la libertà e la leggerezza, il lato più gioioso e meno impegnativo dell'amore. Ma ancora una volta la sua gelosia e la sua possessività stanno strette al giovane. A sorpresa però arriva la gravidanza della Magnani, quella gravidanza tanto voluta con Alessandrini che forse avrebbe salvato il loro matrimonio. Anna è felice, è diventata più bella e serena. Luca nasce il 23 ottobre del 1942: il bambino è bellissimo, ha i lineamenti del volto del padre, mentre i capelli e la profondità dello sguardo sono della madre. Anna lo considera una benedizione del Signore, anche per il ritardo con cui è avvenuta la maternità, ha 33 anni. Per la legge italiana si chiama Alessandrini, ma Anna inizia a pensare di tenerlo tutto per sé, di non dividerlo neanche con Serato, il padre naturale, che non ha intenzione di assumersene la responsabilità. Le sue attenzioni ormai sono rivolte solo a Luca.

 

Roma città aperta

 

Con l'occupazione tedesca Roma viene messa in ginocchio, in città mancano i beni di prima necessità dall'acqua al pane e solo per chi se lo può permettere c’è la borsa nera. In questo clima un regista, Roberto Rossellini, e uno scrittore di cinema, Sergio Amidei, sentono il bisogno di documentare in un film ciò che è successo in questi mesi di occupazione nazista. Le difficoltà che devono affrontare sono enormi: ci vuole denaro, uomini e mezzi in una Roma che ha ben altro a cui pensare. Nasce così “Roma città aperta”, film manifesto del neorealismo italiano. Narra la storia della popolazione romana sotto il giogo dell'occupazione, e si ispira in particolare alla storia vera di don Luigi Morosini (Aldo Fabrizi), torturato e ucciso dai nazisti perché colluso con la Resistenza. Nel film si intrecciano le vicende di tre diversi personaggi: don Pietro che protegge i partigiani offrendo asilo anche a un ingegnere comunista, Manfredi (Marcello Pagliero); i bambini che a modo loro aiutano gli adulti nella Resistenza; e infine la popolana Pina (Anna Magnani) fidanzata con un tipografo, anche lui impegnato nella Resistenza, che viene uccisa a colpi di mitra sotto gli occhi del figlio mentre tenta di impedire il rastrellamento di suo marito portato via da un camion. Questa è una delle scene più famose del cinema italiano che ha portato la Magnani nell'Olimpo delle star facendole vincere il Nastro d'argento nel 1945. Il merito va anche allo stesso Rossellini che ha saputo tirar fuori il meglio di lei.  

Il film, seppur accolto (almeno inizialmente) in modo tiepido in Italia, commuove tutto il mondo e trionfa al festival di Cannes nel 1946, vincendo la Palma d'oro. Anna lo considererà il suo film più sofferto, partorito con dolore.

È con questo film che nascono il neorealismo e il personaggio Magnani. E sul set nasce anche un nuovo grande amore per l'attrice romana che rimane affascinata da Rossellini perché rappresenta ciò che ha sempre sognato: un uomo che sappia proteggerla e guidarla nella vita e nel lavoro. Lui è affascinato dalla sua carica. La loro unione si rivela da subito burrascosa e adatta al pettegolezzo. Come sempre Anna non riesce a fare a meno della sua possessività che sfocia nella gelosia.

 

La guerra tra i due vulcani

 

Dopo “Roma città aperta” la Magnani in un anno gira ben cinque film, tutti nei panni della donna del dopoguerra che ha a che fare con borsari neri, difficoltà, speranze e sogni infranti. Con “L'onorevole Angelina” diretto da Luigi Zampa nel 1947, che le fa vincere la Coppa Volpi a Venezia, finalmente ritorna a rivestire i panni di un personaggio ricco di umanità popolaresca. 

Intanto gira un nuovo film con Rossellini, “L'amore”, diviso in due episodi.

Durante le riprese è inquieta e sospettosa: sente che Rossellini è distante e distratto da qualcosa che al momento le sfugge. Litigano sempre di più, fino al famoso episodio degli spaghetti ben conditi finiti sulla testa del regista. Ma anche questa volta i suoi sospetti sono fondati; Rossellini infatti intreccia una relazione amorosa con Ingrid Bergman la diva di Hollywood più celebrata e pagata. Quando la Bergman in una famosa lettera gli scrive: «Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo “ti amo”, sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei» lui, grazie anche ai finanziamenti ottenuti da Howard Hughes, decide di scritturarla per girare “Stromboli terra di Dio” al posto di Anna. Con la Magnani intanto si ostina alla finzione fino all'ultimo, ovvero fino a quando la Bergman arriva a Roma: la cronaca dell'arrivo della svedese la Magnani la legge sui giornali. L'amore con Rossellini dopo più di quattro anni è finito miseramente. Si trova ancora una volta a dover cominciare da capo senza quell'entusiasmo e le energie degli anni giovanili.

Comunque non lo cerca e non fa scenate, si chiude nel silenzio e decide di fargliela pagare cara a modo suo: non trovandosi un altro uomo, un altro regista o un altro film, ma un altro vulcano. Per levare l'onta della svedese che ricopre la parte della mediterranea piena di fuoco scritta per lei, accetta il ruolo di protagonista per “Vulcano” di William Dieterle. Incomincia quindi la guerra dei due vulcani che diventano meta di giornalisti e sfaccendati che contribuiscono ad alimentare il pettegolezzo internazionale. Ma per la Magnani questo film non è solo un modo per placare la sua vendetta, al film ci crede e ci mette passione nel farlo, lo si capisce quando parla con i giornalisti, anche se poi non avrà molto successo.

 

Da Bellissima a Hollywood e l'Oscar

 

Dopo Rossellini un altro grande regista entra nella sua vita, ma solo dal punto di vista lavorativo: nel 1951 interpreta la protagonista del capolavoro di Luchino Visconti (sceneggiato da Cesare Zavattini) “Bellissima” al fianco dell'irriverente Walter Chiari. Il film che le fa vincere il suo secondo Nastro d'Argento, segnerà gli anni Cinquanta. 

Celebre è la scena in cui lungo il fiume Walter Chiari cerca di “rimorchiare” la Magnani: «La scena del fiume tra lei e Walter - racconterà Luchino Visconti -  è quasi tutta improvvisata, inventata al momento. La freschezza della scena viene proprio dal meraviglioso talento che aveva Anna».

Dopo “Bellissima” la collaborazione con Visconti avrebbe potuto offrirle un altro film “La carrozza d'oro”, ma per motivi mai chiariti il regista decide di rinunciare. La regia viene affidata al suo vecchio maestro francese Jean Renoir. Il film è elegante e la Magnani eccellente, ma non ha successo. Anna rimarrà ferma per tre anni: torna alla rivista, ma anche qui i gusti del pubblico sono cambiati e il copione di Michele Galdieri risulterà inadeguato.

Nel 1954 però la chiama Hollywood per un film che Tennessee Williams ha scritto appositamente per lei “La rosa tatuata”, nel ruolo di Serafina Delle Rose al fianco di Burt Lancaster. La partenza per l'America è dolorosa: è la prima volta che si allontana per così tanto tempo. Lasciare il figlio e lei sue cose per lei, tipica romana abitudinaria legata ai suoi oggetti, ai suoi orari e ai suoi cari, è molto difficile. Ma il film si rivela un successo. Alla notte degli Oscar il 21 marzo del 1956 è la prima interprete italiana nella storia degli Academy Awards a vincere il famigerato Premio come migliore attrice protagonista, conferitole proprio per l'interpretazione di Serafina Delle Rose. Per lo stesso ruolo vincerà anche un Bafta come attrice internazionale dell'anno e il Golden Globe come migliore attrice in un film drammatico.

Quando le dicono della sua nomination al telefono pensa sia uno scherzo, comunque non va a Los Angeles, forse perché non crede di poter vincere. Ma alle 5 e mezza del mattino riceve la grande notizia. È felice eppure con l'Oscar la carriera anziché rilanciarsi comincia a rallentare. Dopo il grande successo gira ancora due film in America sempre con ruoli tragici: “Selvaggio è il vento” con cui vince come migliore attrice il David di Donatello e l'Orso d'argento a Berlino, e “Pelle di serpente” dove recita con il bellissimo Marlon Brando.

Il successo americano la gratifica ma vuole tornare in Italia. 

 

Un'attrice “troppo” grande

 

Anna ormai è diventata un'attrice troppo grande e scomoda per il cinema italiano, che invece sta diventando sempre più provinciale. I registi si sentono messi in soggezione dal suo talento, dal suo carattere travolgente. Perfino Pier Paolo Pasolini che la chiama per “Mamma Roma” ha delle difficoltà, per questo i due non andranno d'accordo durante le riprese. La storia della prostituta che si redime per il figlio appena in tempo per resistere alla sua perdizione sembra proprio essere scritta per lei, ma il film la deluderà e le lascerà l'amaro in bocca. La collaborazione piena e totale che aveva pregustato non c’è stata, proprio perché Pasolini temeva di essere condizionato dalla sua personalità dirompente.

L'umore della Magnani inizia ad essere sempre più instabile, passa da momenti di depressa malinconia, a momenti di in cui tira fuori tutta la sua allegria e gioia di essere. Quando accade ciò, che lei chiama la “ruzza”, organizza feste e uscite tra amici. 

Nei momenti di malinconia invece si rintana nella sua villa al Circeo fatta costruire nel 1950 con i guadagni del film “Vulcano”, luogo che ama e posto di cui è stata pioniera: a quel tempo infatti era un pezzo di Africa, senza acqua e senza corrente. Per lei è un rifugio dell'anima, un piacere da condividere solo con gli amici più cari.

Intanto ormai lavora sempre meno e alla domanda “Perché fa così pochi film in Italia?” risponde: “Perché quelli che mi offrono non mi piacciono per niente e siccome ne ho già fatti troppi di brutti film negli ultimi anni non ne voglio fare più?”

Non le rimane quindi che tornare al suo primo amore, il teatro. L'occasione gliela offre Franco Zeffirelli con “La lupa” di Giovanni Verga, e poi Giancarlo Menotti con “Medea” di Jean Anouilh. I due spettacoli riscuotono un successo enorme in tutta Europa.

 

La televisione

 

L'ultima occasione alla Magnani le arriva dalla Tv. Nel 1970 il regista Alfredo Giannetti le offre una parte in un mini-film, “Correva l'anno di grazia 1870” accanto a Marcello Mastroianni, destinato alla Tv dopo essere passato nelle sale cinematografiche. L'anno seguente sempre Giannetti la vuole come protagonista per un ciclo di tre mini-film intitolato “Tre donne”: “La Sciantosa”, “1933, un incontro” e “L'automobile”, che rispecchiano diverse figure femminili tragicamente forti, dal dopoguerra al boom degli anni Sessanta. 

Nel 1972 fa la sua ultima apparizione cinematografica: in una calda notte, una dolente Anna Magnani, attraversa i vicoli di Roma e risponde al regista con una risata mentre chiude il portone davanti alla macchina da presa. È il suo celebre cameo in “Roma” di Federico Fellini.  

 

L'ultima scena

 

Anna Magnani esce dalla sua bella casa di palazzo Altieri in una calda giornata del 1973 per non farvi più ritorno. Dopo un'agonia durata venti giorni, muore nella clinica Mater Dei il 26 settembre del 1973, all'età di 65 anni, stroncata da un tumore al pancreas.

Quella sera la Rai decide di trasmettere il primo mini-film girato da Giannetti, “Correva l'anno di grazia 1870” ancora mai trasmesso in Tv: un omaggio al personaggio “Nannarella”. Ma la Magnani non farà in tempo a vederlo. 

Per chi vuole renderle omaggio, oggi, il suo corpo è sepolto nel piccolo cimitero del Circeo, vicino a quella sua villa che tanto amava e che le dava pace.  

 

7/3/2018