Luigi Einaudi                                         

 

Un ritratto di Luigi Einaudi (Carrù, 24 marzo 1874 - Roma, 30 ottobre 1961): il secondo Presidente della Repubblica Italiana. Un liberista tenace, meticoloso, severo, dotato di senso dello Stato. Un uomo dabbene e di profonda competenza. Una persona di vita modesta adatta a un’età di parsimonia. “Un uomo - come ha scritto il Corriere della Sera - di grande dottrina, di diritta coscienza e di vita esemplare”.                      

 

Se il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi detta le grandi strategie, Luigi Einaudi, ministro del Bilancio fino a quando non sarà eletto Capo dello Stato, regge il timone dell’economia, una materia che De Gasperi non ama e non digerisce. Convinto che la ripresa dell’economia del 1946-‘47 sia drogata e che la spinta impetuosa italiana sia inquinata dalla febbre speculativa di un Paese appena uscito dalla guerra, Einaudi interviene, facendosi molti nemici, non per porre ostacoli alla ripresa ma per correggerne le degenerazioni. La sua stretta creditizia frena la speculazione, fa cadere il castello di carte della Borsa e inaridisce il flusso di denaro facile che finanzia l’industria; all’inflazione, all’inizio del 1948, segue la deflazione, con un calo dei prezzi, una contrazione della produzione, un aumento della disoccupazione.

Tuttavia Einaudi piace alla gente, con la sua severa bonomia, il suo umorismo freddo, i suoi sorrisi, i suoi silenzi. Ma la sua politica di austerità scontenta i settori più avventurosi del mondo economico e finanziario, provocando proteste di massa e agitazioni operaie. Il risultato finale però sarà positivo, con l’economia risanata e le premesse poste per il “miracolo” di dieci anni dopo.

L’ “uomo del rigore” abbandona dunque il timone dell’economia per diventare il primo cittadino d’Italia. L’11 maggio 1948 infatti viene eletto con 518 voti su 871. “Sia fatta la volontà del Signore”, dice, accogliendo la notizia: il giorno seguente giura come Presidente della Repubblica. Alle 18.11 del 12 maggio entra nel palazzo del Quirinale, accompagnato da 21 colpi di cannone e dall’applauso scrosciante della folla. Bagna la nomina con un bicchiere di Barolo delle sue tenute. Sale di grado, tocca i vertici, ma non si smentisce. Da ministro usava la Topolino e prediligeva il basco. Ora, appena salito all’alta carica, la prima misura presa è quella di far decimare le lampadine dei doppieri. “Per risparmiare energia elettrica”, dice soddisfatto. E avvicinandosi un ricevimento si appresta a consigliare al maggiordomo: “Mettete un solo strato di dolci su ogni piatto, così sembrerà che siano di più”. Austero anche a tavola, per dare l’esempio agli italiani del ’48. Nel discorso alle Camere riunite, il giorno dell’entrata in carica, definisce l’Italia “la nostra tanto bella e tanto adorata Patria”. E anche queste parole sono senza dubbio un esempio per i giovani, di ogni epoca.

Prima di lui, Capo dello Stato provvisorio per 22 mesi ma Presidente della Repubblica solo dal 1° gennaio 1948, con l’entrata in vigore della Costituzione, è stato l’insigne giurista Enrico De Nicola. 

 

Luigi Einaudi era un convinto assertore del liberalismo, applicato in tutti gli aspetti della vita politica, sociale ed economica. Era solito ripetere che: “L'uomo è spinto a perfezionarsi solo se è libero di realizzarsi secondo le proprie attitudini e, più è competente o creativo, più rende migliore la sua opera”. Era anche fautore di un’unica politica economica europea, basata sulla libertà economica, in grado di reggere le pressioni provenienti da oriente e confrontarsi con quelle americane.

Laureatosi in Giurisprudenza presso l’Università di Torino, nella sua lunga carriera ha ricoperto la cattedra di “Scienza delle finanze” presso l’ateneo torinese, di “Legislazione industriale ed Economica politica” al Politecnico di Torino e “Scienza delle finanze” all'Università Bocconi di Milano.

 

Costretto a fuggire in Svizzera dal regime fascista, dopo la caduta di quest'ultimo è rientrato in Italia ricevendo la nomina a Rettore dell'Università di Torino nel 1943 e, due anni dopo, a Governatore della Banca d’Italia.

È stato inoltre membro dell’ “Accademia dei Lincei”, socio dell’ “Accademia delle Scienze” di Torino e membro del Consiglio Direttivo dell’ “Istituto Italiano per gli Studi Storici” fondato da Benedetto Croce, oltre che presidente onorario della “International Economic Association” e di molte altre accademie e associazioni internazionali.

Gli sono state conferite lauree “honoris causa” dalle Università di Oxford, Parigi, Trieste e Algeri.