Umberto Fracchia 

 

La vita e le opere dello scrittore, narratore e organizzatore culturale Umberto Fracchia (1889-1930): fondatore de La Fiera letteraria, direttore editoriale della Mondadori, nonché corrispondente del Corriere della Sera. Il ritratto di un versatile intellettuale, protagonista della vita letteraria italiana degli anni Venti.

Il III Municipio di Roma gli ha dedicato una via nel quartiere Talenti, dove è presente peraltro una sede dei principali Uffici municipali.      

 

Umberto Fracchia  nasce a Lucca il 5 aprile del 1889. Vive ad Alessandria fino all'età di sette anni, e quindi a Roma, dove compie studi classici e si laurea in Giurisprudenza.

Comincia a scrivere prestissimo. Quando, nel 1911, partecipa a Firenze al primo congresso nazionalista, erano già state pubblicate la piccola raccolta di novelle Le vergini (1908) e la parabola sceneggiata La favola dell'innocenza (1910), mentre L'Idea nazionale (settimanale) già lo contava tra le sue firme. Negli anni della giovinezza fonda insieme ad Arturo Onofri la rivista Lirica.

Nata nei conciliaboli e nelle dispute del caffè Aragno e pubblicata da Ugo Nalato (celebre poi con lo pseudonimo Gian Dauli), Lirica "spalancò le finestre a un'aria diversa": sensibile al gusto del "frammento" e alle punte più nuove e avanzate della ricerca poetica, non senza uno sguardo alla Firenze de La Voce, negli otto fascicoli del 1912 e nell'unico del 1913 accoglie autorevoli contributi preannunciando una stagione quale fu quella della prima metà del Novecento, in cui il dibattito sulle riviste avrebbe svolto un compito insostituibile.

Nel 1914 Fracchia collabora all'Idea nazionale (quotidiano). Interventista, presta servizio prima in artiglieria, poi in marina, e viene congedato con i gradi di ufficiale, non senza aver dato alle stampe un trattatello sulla neutralità greca nel corso della grande guerra, Venizelos contro lo Stato di Atene (1917). Subito dopo l'armistizio viene ammesso come redattore a L'Idea nazionale, che, diretta da Giulio De Frenzi, raccoglieva alcuni nomi di spicco del futuro universo giornalistico-letterario: tra questi basti ricordare Orio Vergani, cui Fracchia rimase legato da una sincera amicizia. Nel 1918 ottiene - insieme con Mario Corsi - la direzione artistica della Tespi Film.

È sua - tra il 1919 e il 1920 - la direzione di alcuni lungometraggi: Piccolo harem; La volete sapere la novità? (da un suo soggetto); Labella e la bestia; Indiana (da George Sand); Sei mia!; La studentessa di Gand; La sonata a Kreutzer (tratto da Lev Tolstoj).

Prima di fare ritorno al mondo delle lettere, nel 1920 fonda il quindicinale Romanzo Film (sorta di fotoromanzo ante litteram, che pubblicava per immagini il racconto delle pellicole "più acclamate"), affidandone la direzione a Lucio D'Ambra. Di Fracchia sono una traduzione de Le pedant joué di Cyrano de Bergerac (Il pedante gabbato, Roma 1913) e la stesura di una commedia, Olimpio ovvero La locanda della luna (rappresentata postuma, Genova 1914) e più tardi anche il Paul et Virginie di Paul Bernardin de Saint-Pierre (postumo, Milano 1931). Cura una scelta delle Più belle pagine di Vincenzo Monti (Milano 1927); viene inviato in Oriente della Tribuna, critico drammatico e letterario del Secolo e de Lo Spettatore italiano; dirige, acquistati appena dalla Mondadori sul principio degli anni '20, Novella e Comoedia, una sorta - specialmente il primo - di laboratori dei moderni rotocalchi di massa.

E proprio quella prima metà degli anni Venti rappresenta il momento decisivo della sua formazione, "fu la vita del giornale, e i vari stimoli ch'essa provocava, a indicargli che la sua vera vocazione lo portava non tanto verso il giornalismo quotidiano, quanto verso il giornalismo letterario, tipo Les nouvelles littéraires". Dopo aver collaborato alle riviste promosse da Arnaldo Frateili nel corso del 1924 (Lo Spettatore italiano e Terza pagina: l'una, condiretta con Giuseppe Bottai, arenatasi dopo una dozzina di numeri, l'altra nove "volumetti" a stampa tra maggio e settembre), Fracchia si trasferì l'anno seguente a Milano, dove finalmente poté dar vita al settimanale di scienze lettere ed arti La Fiera letteraria, di cui tenne la direzione fino al 1929 (dal 1927 con Giovanni Battista Angioletti), quando, approdata a Roma, divenne L'Italia letteraria. Nel frattempo, dal 1921, era entrato alla Mondadori e, per sua cura, dal 1925 cominciò a uscire l'Almanacco letterario della casa editrice milanese destinato a fare epoca. Nel 1921, sempre a Milano, era apparso il suo primo romanzo, Il perduto amore; nel 1923 il secondo, Angela che segnò il suo ingresso tra gli autori di Mondadori.

Conservò tuttavia il senso etico del giornalismo culturale e una concezione della società letteraria senza "classi", libera da qualunque pregiudizio. Inoltre non cessò mai di impegnarsi per una più capillare diffusione della letteratura contemporanea e, in particolare, per quella generazione di scrittori allora giovani e giovanissimi, accolti sempre "con tutti gli onori, senza umiliazioni, senza tirocinii", che sulle colonne del giornale non solo ebbero modo di pubblicare, ma di superare senza troppe difficoltà la cerchia ristretta dei lettori amici; “come riceveva tutti gli aspiranti collaboratori senza che mai l'orario delle visite fosse rispettato, così leggeva tutti i manoscritti; rispondeva a tutti gl'ignoti, li consigliava se era costretto a rifiutare i loro scritti, e una buona parola non è mai mancata in fine a ogni sua lettera”. La Fiera letteraria, nel raccogliere all'indomani della grande guerra le penne più intelligenti del rinato dibattito culturale, fece da tramite tra le esperienze appena trascorse della Voce e della Ronda e le successive Solaria, Circoli, Letteratura, rappresentando il terreno sul quale poterono confrontarsi già noti e celebrati autori quali Luigi Pirandello, Grazia Deledda, Ada Negri, ecc, con gli allora scrittori "nuovi", Vincenzo Cardarelli e Corrado Alvaro, Curzio Malaparte, Giuseppe Ungaretti, Umberto Saba, Carlo Emilio Gadda, Riccardo Bacchelli e molti altri. Tutto ciò emerge nell'editoriale programmatico dal titolo Esistere nel tempo (nel primo numero della rivista, il 13 dicembre 1925), dove Fracchia discorre del compito che deve assolvere un giornale letterario che concorrono a redigere "scrittori di ogni età e tendenza, di fama tanto dissimile, e che questi scrittori stiano insieme non per difesa contro un comune nemico, ma con l'animo pacifico di chi contribuisce volontariamente a un lavoro utile".

Nel 1927 diede vita alla Festa del libro. Nel 1925 erano nel frattempo apparsi i racconti di Piccola gente di città, e di Piccoli "vinti" si tratta, vicini a Dostoevskij più che a Verga e sospesi - come la massima parte dei suoi personaggi - tra dolore e purificazione, amarezza e pietà. Sul finire del 1927 fu per poco tempo corrispondente da Parigi per il Corriere della sera. Sempre più frequentemente, negli ultimi anni, tra l'estate e l'autunno avanzato, sostò nella casa materna di Bargone (nell'entroterra di Sestri Levante) alla ricerca di tranquillità per scrivere. È qui che tra il 1928 e il 1930 nascono quegli elzeviri per il Corriere che poi saranno raccolti in Gente e scene di campagna (postumo, Milano 1931), ma anche l'ultimo suo romanzo, La Stella del Nord (ibid. 1930).

Lettore curioso e onnivoro in ambito narrativo Fracchia scelse di ignorare le punte più avanzate dello sperimentalismo e dell'innovazione di inizio secolo, tenendo saldo il riferimento al grande romanzo ottocentesco, italiano e straniero.

Scrittore irreale e insieme realistico: "favolista triste" - come fu definito - concordemente a quanti hanno voluto vedere nel suo stile la tematizzazione di un realismo amarognolo (di "desolazione tranquilla", "smemoramento triste", si dirà), attraversato però da una venatura fiabesca. Di certo si nota una disposizione che si direbbe spontaneamente "crepuscolare", sebbene non gravata di eccessiva malinconia. Nel 1949 un "omnibus" mondadoriano a cura di Giovanni Battista Angioletti - Romanzi e racconti - lo celebrò raccogliendo la sua intera produzione in prosa.

Umberto Fracchia si spense a Roma il 5 dicembre 1930. Immediatamente dopo la morte il "Premio Fiera letteraria" fu intitolato alla sua memoria.