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Steno |
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Un ritratto di Stefano Vanzina (1915-1988): regista tra i più prolifici ed eclettici del panorama italiano, insieme con Monicelli, Risi e Comencini è annoverato tra i padri della cosiddetta commedia all’italiana.
Steno, nome d’arte di Stefano Vanzina, nasce a Roma il 19 gennaio del 1917. Nonostante le difficoltà familiari - suo padre Alberto, un giornalista italiano emigrato in Argentina, morì quando il figlio aveva appena 5 anni - Stefano frequenta la facoltà di Giurisprudenza, ma l’abbandona senza laurearsi. Si iscrive allora all’Accademia di Belle Arti dove si diploma come scenografo e subito dopo entra nel neonato Centro Sperimentale di Cinematografia: qui incontra alcuni degli artisti più importanti del cinema italiano tra cui Alida Valli, Luigi Zampa, Michelangelo Antonioni. Nel frattempo, comincia a disegnare vignette e caricature che firma con il soprannome di Steno, che lo accompagnerà per tutta la vita. Grazie al suo lavoro come vignettista approda nella redazione di “Marco Aurelio”, giornale umoristico romano nelle cui file figurano artisti del calibro di Federico Fellini e Marcello Marchesi. Intanto scrive anche copioni per spettacoli teatrali e radiofonici. Grazie al regista Mario Mattioli a Steno vengono aperte le porte del cinema: comincia a realizzare sceneggiature cinematografiche e a lavorare come aiuto regista. Nel dopoguerra inizia a collaborare con Mario Monicelli: scrive le sceneggiature di “Totò cerca casa” (1949) e “Guardie e ladri” (1951), che si rivelano essere degli ottimi incassi al botteghino. Il primo film di Steno come regista è “Totò a colori” (1952): secondo film italiano a colori dopo il cartone “La rosa di Bagdad”, una vera e propria raccolta dei migliori sketch teatrali di Totò, con le celeberrime battute: “Ma mi faccia il piacere” e “Io sono un uomo di mondo, ho fatto tre anni di militare a Cuneo!”. Da lì in poi dirigerà ben 64 pellicole, con un sempre ottimo successo di pubblico, diventando uno dei capisaldi della commedia italiana. Nella sua ricchissima filmografia ci sono cult come “Un giorno in pretura” (1953), con un cast eccezionale: Peppino De Filippo, Alberto Sordi, Sophia Loren, Walter Chiari, Maurizio Arena, in cui nasce il personaggio detto “l’americano”, interpretato da Sordi, e che ritorna nel celeberrimo “Un americano a Roma” (1954), di cui tutti ricordiamo la scena, ormai leggendaria, del piatto di pasta con la battuta: “Maccarone, m’hai provocato e io me te magno!”, entrata a far parte della cultura popolare italiana. In “Susanna tutta panna” (1957) una prorompente Marisa Allasio è protagonista di scenette surreali e quasi demenziali, come la recita dell’Amleto con le torte in faccia. In “I tartassati” (1959) Steno ritrova la grande coppia Totò-Aldo Fabrizi, in cui il primo è un commerciante che evade il fisco e il secondo un maresciallo della finanza che vuole incastrarlo: siamo “dalle parti” di “Guardie e ladri” e Steno lascia carta bianca alla mitica coppia che si scatena in una gara fino all’ultima battuta. In “Letto a tre piazze” (1960) invece, Steno dirige un’altra celebre coppia, Totò e Peppino, in cui il primo è il terzo incomodo per il matrimonio del secondo. “La polizia ringrazia” (1972), unico film che Steno ha firmato con il suo vero nome, si ispira al film “Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo”, e vede come protagonisti i grandissimi Enrico Maria Salerno e Mariangela Melato: è considerato il primo poliziesco italiano. Vero e proprio cult del regista rimane però l’indimenticabile “Febbre da cavallo” (1976): un cast di grandissimi talenti come Gigi Proietti, Enrico Montesano, Mario Carotenuto e Catherine Spaak danno vita ad una commedia grottesca, infarcita dell’irresistibile cialtroneria romana, che parla dei vizi degli italiani e dell’arte tutta nostrana “dell’arrangiarsi”. Un classico, che ha dato origine all’espressione, ormai entrata nell’uso quotidiano, “fare una mandrakata”. Altro filone ricchissimo e assai popolare è la serie di Piedone con protagonista Bud Spencer, in cui l’attore interpreta il mitico poliziotto Rizzo, le cui avventure, sempre piene di lotte a mani nude, si svolgono in tutto il mondo, perfino a Hong Kong. Infine, come non ricordare “Tango della gelosia” (1981), con la strana ma irresistibile coppia Monica Vitti - Diego Abatantuono, in cui la Vitti cerca di far ingelosire il marito distratto inventandosi una relazione con il bodyguard interpretato da Abatantuono. Sposatosi con Maria Teresa Nati, Steno ha avuto da lei due figli: Enrico e Carlo Vanzina, oggi entrambi nel mondo del cinema e creatori dei popolarissimi “cinepanettoni”. L’ampia filmografia di Steno abbraccia più generi, dal poliziesco al demenziale, con un gusto del cinema popolare e sincero, che piaceva sia al pubblico che ai produttori, da cui traspare la voglia di fare cinema per il piacere di farlo e di farlo nel miglior modo possibile, con ogni mezzo a disposizione. Nei suoi lavori - grazie ai quali ha collaborato con molti dei più grandi talenti del cinema italiano - c’è sempre un’ironia pungente e dissacrante, uno sguardo disincantato che, senza moralismi e senza giudicare, ha disegnato un ritratto onesto della società italiana e del suo mutamento nell’arco di 30 anni, dagli anni ’50 agli ’80. Stefano Vanzina si spegne a Roma, il 13 marzo del 1988.
In occasione del centenario della nascita del grande regista, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma ha ospitato dall’11 aprile al 5 giugno 2017 una mostra monografica dal titolo “Steno, l’arte di far ridere - C’era una volta l’Italia di Steno. E c’è ancora”, patrocinata dalla Regione Lazio, curata da Marco Dionisi e Nevio De Pascalis e prodotta da Show Eventi in collaborazione con Fondazione Cinema per Roma. Attraverso materiale inedito di famiglia - grazie ai figli - l’evento espositivo ha ricostruito per la prima volta la storia professionale e privata di uno dei più poliedrici registi italiani: dall'infanzia fino all'ultima opera cinematografica. Un percorso fatto di fotografie, cimeli, audiovisivi, carteggi e testimonianze dei tanti attori con i quali Steno ha lavorato. |