Pietro Ingrao 

 

Pietro Ingrao (1915-2015): il percorso umano e politico di uno dei padri della Repubblica Italiana.   

 

Pietro Ingrao nasce a Lenola, in provincia di Latina, il 30 marzo del 1915. Lascia molto presto il piccolo paesino della Ciociaria per frequentare il liceo classico Vitruvio di Formia. In seguito frequenta l’università statale di Roma, dove si laurea prima in Giurisprudenza e poi in Lettere. Nonostante la tradizione antifascista della famiglia, si iscrive al Gruppo universitario fascista e partecipa con successo ai Littoriali della cultura; contemporaneamente frequenta il Centro sperimentale cinematografico come allievo regista.

Il conflitto civile spagnolo e l’alleanza di Mussolini con la Germania di Hitler, culminata nel Patto d’acciaio, allontanano Ingrao dal fascismo. Il distacco culturale e politico dal regime avviene anche grazie all’incontro con intellettuali e studiosi impegnati in una vasta attività nel mondo culturale romano di quegli anni.

Nel gruppo di amici che alla fine degli anni Trenta dà vita all’organizzazione comunista romana, tra i quali figurano Giorgio Amendola, Paolo Bufalini, Aldo Natoli e Lucio Lombardo Radice, sarà l’influenza e la personalità di Antonio Amendola ad accelerare la maturazione della scelta politica di Ingrao, che aderisce così al Partito comunista clandestino.

Ricercato dalla polizia fascista e denunciato al Tribunale speciale come uno dei dirigenti comunisti romani, viene inviato a lavorare all’organizzazione clandestina del PCI in Calabria.

Nel 1943 collabora alla redazione di Milano dell’Unità ancora clandestina e il 26 luglio organizza con Elio Vittorini il grande comizio di Porta Venezia. Si trasferisce quindi alla redazione romana e dopo l’8 settembre partecipa alla Resistenza.

Subito dopo la Liberazione diventa capocronista a L’Unità per decisione del segretario del partito Palmiro Togliatti, che apprezza un suo editoriale, sottraendo Ingrao al lavoro organizzativo nella federazione romana.

Nel 1948 viene eletto alla Camera dei deputati, di cui sarà membro continuativamente dalla I alla X legislatura, quando decide di non ricandidarsi più alle elezioni.

Nel 1947 è chiamato a dirigere l’organo di informazione del Partito comunista, carica che mantiene fino al 1957. Parallelamente ricopre vari ruoli nel partito: nel 1954 è eletto nella direzione del PCI e due anni dopo entra a far parte della segreteria, da cui uscirà dieci anni più tardi.

A seguito della morte di Togliatti, nell’agosto del 1964, diventa presidente del gruppo parlamentare comunista, incarico che mantiene anche nella V legislatura.

In occasione dell’XI congresso del PCI, nel 1966, si oppone alla linea indicata da Giorgio Amendola e appoggiata dal segretario Luigi Longo, rivendicando innanzitutto il diritto al dissenso. Sostiene infatti che le contraddizioni all’interno dell’alleanza tra democristiani e socialisti evidenziano la necessità per il partito della classe operaia di sconfiggere il centro-sinistra e di proporre un modello alternativo di sviluppo economico e sociale del Paese, cercando tuttavia il sostegno e la collaborazione di quelle forze socialiste o cattoliche interessate a forme più concrete di giustizia sociale. Il congresso si conclude con la vittoria della linea di Amendola.

Ingrao accetta la sconfitta e, pur non rinunciando a portare avanti un punto di vista spesso minoritario, farà sempre prevalere l’esigenza di salvaguardare l’unità del partito.

Dopo essere stato riconfermato alla Camera alle elezioni del 1972, partecipa al XIII congresso del PCI e viene nominato responsabile del Coordinamento regionale della direzione del partito.

All’indomani della significativa affermazione del Partito comunista nelle elezioni politiche del 1976, Ingrao è candidato alla Presidenza della Camera.

Nella prima seduta della VII legislatura, il 5 luglio 1976, viene eletto Presidente, primo esponente comunista ad assumere la terza carica dello Stato.

 

Immediatamente dopo l’elezione Ingrao avvia diversi tentativi per promuovere una più stretta collaborazione tra i due rami del Parlamento e tra le Camere e il Governo, al fine di evitare l’allungamento eccessivo dei tempi della decisione parlamentare. Si preoccupa inoltre di stabilire un collegamento tra il Parlamento e la rete delle assemblee elettive regionali.

Questi sforzi saranno tuttavia frenati dalla tensione crescente nel Paese causata dalla catena di attentati terroristici che fa da sfondo a tutta la legislatura, primo fra tutti il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro.

Terminata anticipatamente la VII legislatura e rieletto alla Camera nel 1979, Ingrao rifiuta la proposta di continuare a dirigere l’Assemblea di Montecitorio ed entra a far parte della Commissione affari costituzionali. Torna nello stesso tempo a dirigere il Centro di studi e iniziative per la riforma dello Stato del PCI.

La morte improvvisa di Berlinguer nel 1984, la sconfitta del PCI al referendum sulla scala mobile nel 1985 e la crisi del movimento operaio e del modello socialista sovietico scuotono profondamente il secondo partito italiano, nel quale si apre una lunga stagione di discussione: prima sotto la guida del segretario Alessandro Natta e poi del suo successore Achille Occhetto, fino alla caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989.

Solo qualche giorno dopo Occhetto annuncia a Bologna il mutamento di prospettiva del partito e persino la possibilità di cambiarne il nome. Si apre dunque una fase costituente, nella quale Ingrao figura tra i massimi oppositori alla soluzione proposta dal segretario e ad ogni ipotesi di scissione. Aderisce comunque al Partito democratico della sinistra (PDS), erede e continuatore del PCI, e coordina l’area dei Comunisti democratici fino al 15 maggio 1993, quando annuncia l’addio al PDS.

In seguito è tra gli indipendenti vicini al Partito della rifondazione comunista, organizzazione alla quale aderisce formalmente il 3 marzo 2005.

Nel marzo 2010 opta per Sinistra Ecologia e Libertà. Il 30 marzo 2010, in occasione del suo 95° compleanno, la Camera dei deputati ha organizzato una cerimonia ufficiale in suo onore.

Pietro Ingrao si spegne il 27 settembre del 2015, all’età di 100 anni, a Roma, dove ha continuato ininterrottamente la sua attività di pubblicista. 

 

26/3/2018